Andrea Cangini
ROMA
IL PRIMO

è stato il ministro Patroni Griffi. Poi, con qualche giorno di ritardo rispetto ai 90 annunciati da Mario Monti, ieri gli altri membri del governo hanno infine pubblicato su Internet la loro situazione patrimoniale. Ma ognuno l’ha fatto a modo proprio. C’è chi ha inserito la foto della baita alpina (il ministro Giarda, proprietario di 15/100 di un bivacco in pietra tanto suggestivo quanto spartano) e chi ci ha tenuto a far conoscere il nome del circolo di cui è socio (il sottosegretario Polillo, che frequenta il Circolo Tevere Remo). Ma soprattutto c’è chi ha allegato alla scheda riassuntiva l’ultima dichiarazione dei redditi (Corrado Passera, ad esempio), chi se n’è ben guardato limitandosi ad autocertificare il proprio reddito del 2010 (Elsa Fornero, ad esempio, che pare non avesse intenzione di render noto alcunché) e infine chi ha omesso sia il dato sia la prova.

È IL CASO

del ministro dell’Interno Cancellieri e di quello dei Beni culturali Ornaghi, il quale ha però comunicato il saldo del proprio conto corrente. Col sottosegretario Peluffo, è stato tra i pochi ad accogliere il «suggerimento» di Monti ai membri del governo. A quel che risulta, il ministro Severino, il viceministro Grilli e il sottosegretario Catricalà si sono fieramente opposti: «Il conto corrente no, c’è un limite...». Naturalmente, Monti ha reso noto tutto, compreso il reddito della moglie, ma pur avendo avuto tre mesi di tempo l’ha fatto solo attorno a mezzanotte. Possiede 16 tra appartamenti e negozi e 11,5 milioni tra depositi, titoli e azioni distribuiti in 5 banche.

QUEL CHE COLPISCE,

spulciando le dichiarazioni dei redditi 2011, è il nome del ministro più ricco: non il banchiere Corrado Passera, ma l’avvocato Paola Severino. Il ministro dello Sviluppo nel 2010 ha guadagnato 3,5 milioni di euro, quello della Giustizia 7. «Chi guadagna e paga le tasse non è un peccatore e va guardato con benevolenza e non con invidia», s’è schermita la Severino. A cui onore, in tempi di potenziali default, vanno quei 4,5 milioni di euro investiti in titoli di Stato italiani. Quanto a Passera, il patrimonio dichiarato di 20 milioni di euro lo aiuterà a consolarsi per il mancato primato. Ma a doversi consolare volgendo lo sguardo al passato saranno in molti, poiché, avendo rinuncianto a ricchi incarichi, quasi tutti gli attuali ministri finiranno per rimetterci.
Uno studio di qualche anno fa dimostra invece che l’80% dei parlamentari aumenta sensibilmente il proprio reddito rispetto a quanto dichiarava prima d’essere eletto. E’ anche per questo che i radicali si sono battuti per accludere al profilo Internet di ciascun eletto la sua reale condizione patrimoniale. «Ma — lamenta Rita Bernardini — occorre una liberatoria e solo il 23% dei deputati e poco più del 15% dei senatori l’ha firmata. Persino il presidente della Camera, Fini, ha omesso di farlo».

NON PAGA,


la Bernardini ha messo nero su bianco un testo di 14 articoli per obbligare uomini di governo, eletti di ogni ordine e grado e burocrati pubblici a render trasparente la situazione patrimoniale propria e («poiché nessuno è fesso») quella dei familiari. Quella dell’Anagrafe pubblica di eletti e nominati è una vecchia battaglia radicale, e la Bernardini ha chiesto ai ministri Severino e Patroni Griffi di inserirla come emendamento al ddl anticorruzione. Dal ministero della Pubblica amministrazione assicurano che almeno la parte sugli alti dirigenti dello Stato verrà recepita.