MODENA
«ALL’OMAGGIO
e al ricordo del suo sacrificio mi associo con profonda personale convinzione e con più che mai viva consapevolezza del debito di riconoscenza che le istituzioni repubblicane e la società civile conservano verso Marco Biagi». Sono solo alcune delle parole con cui il presidente Giorgio Napolitano (nella foto alla commemorazione Biagi di ieri a Montecitorio) ha reso omaggio al giuslavorista ucciso dalle nuove Br nella lettera alla vedova Marina Orlandi Biagi. Il capo dello Stato auspica che «la ricorrenza di un così tragico momento venga colta per guardare anche al presente e al futuro, gettando luce sulla fecondità della ricerca e dell’impegno» del professore che collaborò con governi di centrodestra e di centrosinistra. La figura del giuslavorista bolognese continua a essere invocata da chi intravede una spiccata continuità tra le sue convinzioni e le stringenti esigenze che attanagliano il mondo del lavoro. «Il suo omicidio — ha detto il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri — è una ferita ancora aperta, Biagi ha pagato con la vita la sua lungimiranza. In questi anni è stato tirato da una parte e dall’altra vedendo spesso solamente un aspetto del suo pensiero, ma ormai possiamo dire che appartiene a tutti. La parola che meglio lo definisce è la flex-security, aveva capito che il mercato del lavoro chiedeva flessibilità, ma non era un uomo del precariato». L’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, auspica che Marco Biagi, a dieci anni dalla sua scomparsa, sia reso «il padre di una nuova condivisione nell’ambito del lavoro, che in questi anni è stato il più divisivo». E secondo il presidente della Camera, Gianfranco Fini, «i temi che egli contribuì in modo originale a portare nell’agenda della politica sociale sono ancora davanti a noi, quasi negli stessi termini e di certo con le stesse attese di modernizzazione del Paese».

SACCONI

, al convegno internazionale in ricordo di Biagi a Modena, ha parlato di «coincidenza del destino» ricordando il decennale dell’omicidio e la riforma in atto. Ed è ricorso alla metafora dell’«ultimo miglio, il più faticoso, per realizzare il percorso riformista di Biagi, realizzando una simmetria tra la flessibilità e la sicurezza, da concepire in modo dinamico». L’ex ministro dell’Interno e del Lavoro Maroni ha ricordato «la scrittura del libro bianco del 2001 che vide impegnato Biagi tutta l’estate. Lui saltò le ferie così come me e Sacconi, ma alla fine ne fummo tutti entusiasti, tanto era il desiderio di mettere mano a una riforma. Per lui — ha proseguito Maroni — il federalismo era sinonimo di modernizzazione, un’occasione che non poteva essere persa».
Paolo Grilli