Andrea Cangini
ROMA
LA

PwC è una grande società di revisione contabile. Fino alla scorsa settimana il suo unico cliente politico era il Pd. Nei giorni scorsi, a causa delle note vicende, s’è aggiunta la Lega. Anche se, precisa Francesco Piva, che della PwC è partner, «per ora la Lega ci ha incaricati solo di verificare la propria situazione patrimoniale, dopo di che immagino seguirà un incarico di revisione contabile».
Piva, ci spiega come funziona il vostro lavoro?
«In realtà facciamo con i partiti quel che facciamo con le società, con la differenza che per i partiti è più facile».
Perché?
«Perché i bilanci di un partito sono piuttosto elementari e generalmente la liquidità è investita in prodotti semplici».
Generalmente...
«Generalmente».
Che tipo di controlli svolgete?
«Naturalmente non possiamo entrare nel merito di ogni singola voce...».
Perché?
«Perché ci vorrebbero anni».
Quindi, che fate?
«Se troviamo una voce evidentemente anomala, chiediamo una perizia o comunque la verifichiamo, ma in generale facciamo un lavoro di campionamento».
Ad esempio?
«Ad esempio: se un partito spende un milione di euro in consulenze e fa cento fatture, ne verifichiamo dieci».
Come stabilite se il prezzo di una consulenza è congruo?
«Eh, bella domanda! Diciamo che conta l’evidenza del servizio reso, per esempio la qualità di una relazione».
Siete in grado di entrare nel merito di qualsiasi relazione?
«Certo, dobbiamo verificare che sia frutto di un lavoro specifico e non sia stata invece copiata da Internet e riproposta sempre uguale di anno in anno, come ci è capitato in certe società...».
E poi?
«Poi verifichiamo la committenza, che non sia solo il tesoriere del partito e che siano state rispettate le procedure autorizzative interne, normalmente calibrate sull’entità della spesa».
Se il partito ha venduto un appartamento, voi verificate che il prezzo indicato corrisponda ai valori di mercato?
«Beh, non facciamo mica gli ispettori... Non possiamo verificare se il prezzo è giusto per tutto. Se lo facessimo non finiremmo più».
In caso di irregolarità, che fate?
«Se sono cose significative, le riportiamo nella nostra relazione; gli eventuali piccoli errori tendiamo invece a trascurarli. Piuttosto, vedo che la legge dovrebbe prevedere sanzioni proporzionate alle irregolarità commesse, ma come pensano di quantificarle?».
Anche Parmalat, Lehman Brothers e la Grecia avevano i bilanci controllati da società indipendenti, eppure erano falsi...
«Cosa vuole che le dica, la perfezione non esiste. È chiaro che qualcosa non ha funzionato, però lei cita tre casi negativi a fronte delle migliaia di casi positivi».
Un’ultima cosa, poiché il partito vi paga perché dovreste essere scrupolosi nel controllarlo?
«Perché la nostra forza è la nostra reputazione. Abbiamo più di tremila clienti, e nessuno è più importante della nostra credibilità professionale. Il rischio che lei paventa vale per le società piccole».