Giambattista Anastasio
MILANO
«PENSO

proprio di no, non può essere: non ho mai sentito una cosa del genere», sbotta Umberto Bossi sul palco di Como, durante il suo comizio serale. Il nodo è quello delle presunte tangemnti pagate dalla Lega a Finmeccanica, secondo la procura di Napoli che ha indagato per corruzione e riciclaggio il numero uno del gruppo Giuseppe Orsi. Il senatur è categorico: «Lì di solito lavorava Giorgetti, che è un pretino. Sono ultrasicuro, se gli davano le tangenti lui gliele portava indietro. In passato aveva rifiutato denaro dal banchiere Fiorani. E il fatto che su di noi ci siano tre procure mi sembra sia tutto preparato, qualcosa non quadra o è un Paese di m...».
«Finmeccanica? Cose fuori dal mondo: la Lega non si lascia intimidire da queste stronzate fangose», rincara la dose Roberto Maroni su Facebook. Poi, sempre dalle pagine del social network, il triumviro propone un «Lega Unita Day» per il primo maggio a Zanica, nella Bergamasca. «Ci sarò anch’io», appova Bossi.

MA È L’UNICA


nota lieta di un’altra giornata difficilissima per la Lega. Scioltosi il Cerchio Magico, Rosy Mauro si tiene attaccata all’emiciclo di Palazzo Madama: «Il regolamento me lo consente», replica a chi, in aula, le chiede le dimissioni da vicepresidente del Senato. Espulsa dalla Lega per decisione di un consiglio federale costretto a scegliere tra lei e Maroni, «la Nera» ritiene sufficiente il mezzo passo indietro di lunedì: resta vicepresidente ma non vicario, nomina rimessa nelle mani del presidente Renato Schifani. Quella di ieri è stata, per la Mauro, la prima seduta dopo le inchieste sui fondi distratti dalle casse della Lega. E come da copione, è stata bagarre.
Al suo arrivo in aula fischi (tanti) e applausi (timidi), oltre ai «buu» ripetuti dei senatori dell’Italia dei Valori, che sfoggiano cartelli con la scritta «Mauro dimettiti» e, nel mezzo, il disegno di un diamante. Sarà così, dice il capogruppo Felice Belisario, ogniqualvolta la Mauro metterà piede in aula.
Lei, Rosy, non trattiene le lacrime: con gli occhi lucidi scandisce gli interventi di chi le chiede di lasciare. «Il suo accordicchio col presidente Schifani — insorge Belisario — è una provocazione. Lei rappresenta la casta abbarbicata alla poltrona». Così anche Luigi Zanda, vicepresidente dei senatori Pd: «Lei non è più della Lega e la sua permanenza affievolisce l’equilibrio dell’ufficio di presidenza».

CON



la Mauro, l’Udc: «Non si può chiedere di dimettersi a chi non è indagato», ribatte Luciana Sbarbati. «Non avrei mai voluto trovarmi in questa situazione, né avrei voluto vi si trovasse l’assemblea del Senato», spiega la Mauro. Ma l’aula non può sfiduciarla: «Intendo attenermi al regolamento del Senato». Infine il contrattacco: «Nella scorsa legislatura due vicepresidenti sono passati ad altri gruppi, senza che questo abbia provocato turbolenze o richieste di dimissioni».