di Antonella Coppari

ROMA, 26 aprile 2012 - BASTAindugi. I partiti sono la linfa della democrazia ma per essere credibili devono «estirpare il marcio» che cresce al loro interno, cambiare il sistema di finanziamento pubblico e fare le riforme, iniziando da quella elettorale. Più che un monito: quasi una protesta per l’inerzia del Parlamento. Sì perchè per la terza volta nel giro di una ventina di giorni, Giorgio Napolitano sollecita le forze politiche a rifarsi una reputazione per non alimentare derive populiste, con il rischio di consegnare le chiavi del Paese al «demagogo di turno».
Il mix tra le cronache giudiziarie, i sondaggi con allarmanti dati sull’astensionismo, i mercati sempre più aggressivi e le fibrillazioni della maggioranza continuano a preccupare il presidente della Repubblica. Che prende spunto dalle celebrazioni per i 67 anni della Liberazione per suonare la sveglia, ricordando che serve «l’impegno inderogabile della politica: la crisi, come l’occupazione nazifascista si sconfigge tutti uniti». Sa che l’insofferenza contro il governo cresce, così invita maggioranza e opposizione a non fare scherzi: altro che elezioni ad ottobre, Monti deve andare avanti fino alla prossima primavera. «I partiti devono fare la loro parte confrontandosi con il governo fino alla fine naturale della legislatura».
 

A Recanati, dove conclude la giornata, lancia un messaggio costruttivo invitando a non scomodare Leopardi (di cui ha visitato il Palazzo) e il suo pessimismo per leggere il momento attuale: «Sono convinto che gli italiani abbiano sufficiente intelligenza per non abbandonarsi al pessimismo e che sapranno trovare in se stessi le menti e le risorse necessarie a garantire il futuro del Paese». Ma è da Pesaro — luogo scelto per celebrare la «festa della riunificazione d’Italia» — che Napolitano tiene un discorso applaudito da molti in piazza (a contestarlo, una ventina di neofascisti di Forza Nuova), in cui sembra dettare l’agenda politica dei prossimi mesi. Sfrutta la lettera di un giovane di 19 anni ucciso nel ’44 nella piazza Grande di Modena per saldare passato remoto e presente: il ventennio fascista ha portato a una «intossicazione delle coscienze», al pregiudizio che la politica «fosse una cosa «sporca», al vento dell’antipolitica, male antico dell’Italia come dimostra il partito dell’Uomo Qualunque fondato da Giannini nel l’immediato dopoguerra: «Un movimento che divenne naturalmente anch’esso un partito, e poi in breve tempo sparì senza lasciare alcuna traccia positiva per la politica e per il Paese».

NON FA nomi ma il pensiero corre a Beppe Grillo, che è ora il più appariscente «demagogo di turno». Il capo dello Stato chiede alle forze politiche di salvare la propria immagine ponendo «limiti e controlli per i loro finanziamenti». Le invita a sfruttare l’anno a disposizione «per varare una legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i loro rappresentanti e non di votare dei nominati dai capi dei partiti». E a pensare seriamente a riforme condivise: «Ci sono le condizioni per farle». La Resistenza, spiega, ci insegna che «uniti» si può vincere. E dunque, esorta, «ci si fermi a ricordare e riflettere, prima di scagliarsi contro la politica. E invece cresce la polemica, quasi con rabbia». Si prendono a bersaglio i partiti, continua, come se ne fossero il fattore «inquinante». Ma non si deve cadere in questi «abbagli fatali», perché «nulla ha potuto e può sostituire il ruolo dei partiti». Certo, questi «devono fare pulizia», rinunciando alla «sfiducia preconcetta ed aggressiva» quando si tenta di fare riforme indispensabili per il Paese.