Roma, 26 aprile 2012 - PRESIDENTE Casini, ha sentito che Napolitano è tornato a tuonare contro l’antipolitica.
«Meno male che c’è Napolitano».

A chi parlava il presidente?
«È un monito in una doppia direzione: ai partiti perché si rinnovino ed estirpino il malcostume e alla gente perché non pensi che si possa fare a meno della politica. Altrimenti si sfocia nel populismo. Non dimentichiamoci però che la situazione in cui siamo è dovuta al fatto che per troppo tempo abbiamo sentito le solite parole d’ordine e anche le solite decisioni demagogiche».

A chi si riferisce?
«Faccio un esempio: adesso in molti si lamentano giustamente dell’Imu, che è molto pesante. Ma quando si è abolito l’Ici eravamo in pochi, e io tra questi, a dire che era una sciocchezza».

Antipolitica o no, la gente avverte una certa inconcludenza dei politici: finanziamento ai partiti, legge elettorale, riforme. Molte chiacchere ma pochi fatti. Qualche segnale concreto dovrete pur darlo.
«Scusi, andiamo per ordine».

Vada.
«Questa legislatura si è aperta con una maggioranza che aveva cento deputati in più dell’opposizione, ha avuto quattro anni di chiacchiere e alla fine miracolosamente si è aperta la strada per una larga coalizione e in quattro mesi dalle pensioni, semplificazione, liberalizzazioni, mercato del lavoro si è fatto molto».

La gente le avverte come opera di Monti non vostra.
«Sì, ma il governo lo votiamo noi. E in ogni caso la riforma costituzionale è estremamente complessa; per il finanziamento dei partiti e la legge elettorale sicuramente arriveremo a decisioni concrete. Se non ci riuscissimo sarebbe un fallimento».

Altrimenti Grillo...
«È chiaro che l’antipolitica matura non perché c’è un grande vecchio, ma perché la politica dà brutta prova di sé. Però vorrei anche che si dicesse che non tutti siamo uguali, e che c’è chi è stato all’opposizione di Prodi e di Berlusconi e ha spiegato che la mitologia del bipolarismo era falsa».

Ha mai ascoltato un comizio di Grillo? Che effetto le ha fatto?
«Ne più né meno di quello che mi fece vent’anni fa il cappio sventolato dalla Lega. Oggi chi di cappio ferisce di cappio perisce».

Grillo vi accusa di essere vecchi. Lei, che peraltro ha sette anni di meno, si sente vecchio?
«Non mi importa di Grillo, io penso a me. Mi sento più saggio di quello che ero venti anni fa, e certamente più vecchio. E comunque a casa ci vado quando me lo diranno i miei elettori e non quando me lo dice il signor Grillo».

Come spiega l’uscita di Berlusconi sulle elezioni a ottobre?
«È una giusta ricerca di protagonismo, visto che il Pdl era un po’ afono. Per quanto mi riguarda sono molto contento di sostenere questo governo insieme a loro. Berlusconi ha una grande capacità di porre i problemi dimenticando. Fa l’appello all’unità dei moderati dopo che i moderati sono stati divisi da lui, e dopo aver fatto una politica in nome dei moderati tutto meno che moderata».

Quando si parla di trattative tra i partiti, si allude spesso a un patto per il Quirinale.
«Non capisco di che si parla».

Nei retroscena giornalistici si lega spesso il suo nome a uno scenario di quel tipo.
«Mi ha detto che sono vecchio? Che sono saggio? Bene, allora dico questo: la storia della repubblica italiana è costellata da patti per il Quirinale fatti da gente che si chiamava Moro, Fanfani, Andreotti, che poi al Quirinale non ci è mai andata. Spero che mi si riconosca l’intelligenza per capire che alla presidenza della repubblica si può essere chiamati, ma non è saggio programmare di poterci andare. In ogni caso la cosa mi diverte solo, non la prendo sul serio».

Lei ha annunciato il partito della Nazione, come altre volte. È quella buona?
«È un’esigenza avvertita sempre più forte. Ma non si può pensare che il partito nuovo lo creo io, pensando al nome e al programma. Deve essere un’impresa collettiva. C’è bisogno di interpretare una diffusa esigenza di serietà e di rifiuto del populismo. Mi auguro che ci possano essere delle disponibiltà, perché una cosa nuova non può nascere solo da chi è impegnato in politca».

E Fini, che parte avrà?
«Fini è totalmente d’accordo con me nel dire che non serve presidiare un territorio del 5 o 6 per cento ma bisogna realizzare un’impresa più ampia».

Maroni accosta l’ad di Finmeccanica Orsi all’Udc. Come risponde?
«È notorio che durante l’ultimo governo Berlusconi ho assunto io tutte le decisioni, ho nominato i vertici degli enti più importanti, ho deciso di mandare via Gnudi della presidenza dell’Enel. Scusi, ma veramente siamo al ridicolo... Maroni dovrebbe imparare ad assumersi qualche responsabilità».

E Orsi?
«Se poi vogliamo parlare di Orsi, ho sempre avuto, come decine di altre persone, l’idea che sia una persona per bene».