Nicola Palma

MILANO
TOCCA


a Valter Lavitola. Ieri i magistrati napoletani che indagano sul presunto giro di tangenti legato alla galassia Finmeccanica hanno sentito a lungo l’ex direttore del quotidiano «L’Avanti», in carcere a Poggioreale dallo scorso 16 aprile, quando ha deciso di mettere fine alla sua lunga latitanza all’estero. Nel mirino per il caso degli appalti a Panama, stavolta Lavitola potrebbe avere allargato l’orizzonte delle sue dichiarazioni, come si era detto disponibile a fare nell’ultimo interrogatorio di garanzia. Quindi, Lavitola potrebbe avere chiarito il suo ruolo di consulente di Finmeccanica a Panama e poi ampliato il discorso agli altri affari della holding della difesa. Informazioni utilissime per i pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, che stanno cercando di fare luce sulla rete di affari del colosso italiano dell’aeronautica. Partendo anche dall’analisi dei documenti sequestrati (con rogatoria con la Procura federale di Lugano) nell’abitazione e nelle sedi delle società che fanno riferimento a Guido Ralph Haschke, l’uomo che avrebbe fatto da intermediario per l’acquisto nel 2010 di dodici elicotteri della AgustaWestland da parte del governo indiano. Un affare in odore di mazzette, secondo l’accusa, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati dell’allora amministratore delegato Giuseppe Orsi, oggi numero uno di Finmeccanica, sospettato di corruzione internazionale e riciclaggio.

STANDO

alla ricostruzione degli inquirenti, sarebbero stati creati «fondi neri» per elargire denaro alle autorità indiane e finanziare partiti italiani, anche il Carroccio. «Io non ho mai pagato nessuna somma illegale né alla Lega né ad alcun altro — la secca smentita del successore di Pier Francesco Guarguaglini —. Durante tutto il periodo da ad di Finmeccanica e AgustaWestland non mi è mai capitato di pagare alcunché di illegale». E ancora, il contratto per i dodici AW101 «è stato sottoscritto secondo le leggi indiane, quindi non sarebbe stato possibile rimediare alcuna provvigione».

INTANTO,

continua il lavoro delle altre due Procure impegnate sul fronte Carroccio: il pm della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, incontrerà oggi il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, e i sostituti Roberto Pellicano e Paolo Filippini. Poi, il magistrato reggino interrogherà l’ex tesoriere leghista, Francesco Belsito, che deve rispondere anche di riciclaggio di soldi in odore di ’ndrangheta. Già sentito qualche giorno fa dagli inquirenti milanesi, che invece lo accusano di appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato: «Delle diversificazioni degli investimenti erano tutti informati», ha detto a verbale l’ex esponente leghista. Che continua a sostenere di avere sempre agito «negli interessi del Carroccio». E che ha gettato un po’ di scompiglio fra gli inquirenti sul tesoro in lingotti e diamanti: nella perquisizione del 3 aprile gli investigatori del Noe di Roma, mandati da Napoli, non li hanno trovati. «I diamanti e i lingotti sono sempre stati dietro un grosso armadio», ha detto Belsito. Ma c’è chi stenta a crederlo.