di Andrea Cangini

ROMA, 27 aprile 2012 - PRIMA è stato ad Atene, Dublino e Madrid (a Roma è di casa) per approfondire le esigenze dei Paesi europei più in difficoltà. Poi il vicepresidente della Commissione europea con delega all’Industria Antonio Tajani è andato a Berlino. Ne è ripartito ieri dopo aver incontrato il cancelliere Angela Merkel, il ministro dell’Economia Roesler e i vertici delle associazioni industriali e dell’artigianato.

Che messaggio ha consegnato alla Merkel?
«Le ho detto che dalla Germania tutti si aspettano ora un segnale in favore della crescita».

E lei?
«Mi ha risposto: ‘É quello che faccio tutti i giorni’».

È andata male, allora.
«No, tutt’altro. Vede, fino a oggi Angela Merkel ha dovuto interpretare la pancia del suo Paese e per questo ha puntato tutto sul rigore...».

E la pancia dei tedeschi lancia ora segnali diversi?
«Sì, stanno comprendendo che di più non si può chiedere e che un’Europa in buona salute economica è nel loro diretto interesse. La Germania non vive solo di esportazioni e non è un caso che abbia appena invocato un’azione coordinata europea per incidere sui prezzi delle materie prime che servono all’industria».

Su cosa cederà, la Merkel?
«Per esempio, su una politica industriale a sostegno del settore automobilistico con incentivi per le auto ecologiche e introducendo tra l’altro una moratoria alle nuove norme europee. Ma saranno possibili anche aiuti alle piccole e medie imprese, il via libera ai project bond, l’allentamento dei vincoli bancari con una Basilea3 che porti dal 70 al 50 per cento la quota di garanzia del credito erogato dalle banche...».

La Germania cederà sugli eurobond?
«Per adesso no, ma in futuro la Merkel non li esclude».

Della prospettiva di una riforma radicale della Bce non avrete neanche parlato...
«No, quello per la Germania è ancora un tabù. Ma ci arriveremo senz’altro, è solo una questione di tempo».

Crede possibile conciliare la crescita con il rigore caro ai tedeschi?
«Sì, il rigore serve a mettere a posto i conti ma della crescita non possiamo più fare a meno. Si può incoraggiarla a costo zero, varando riforme come quella del mercato del lavoro, e intervenendo sull’accesso al credito, la sburocratizzazione, il rispetto della direttiva europea sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni... E con dei costi, ad esempio incentivando le grandi infrastrutture o sostenendo la green economy come propone la Commissione europea».

A proposito di Commissione, avete in progetto interventi a favore del turismo?
«Sì, ho presentato a Barroso un progetto che, tra l’altro, comporta la modifica delle regole per il rilascio dei visti turistici in Cina, Russia e Brasile. Lo sa che, solo grazie alla moltiplicazione dei posti in cui i cinesi possono ottenere il visto per l’Italia, nel 2011 il turismo cinese è raddoppiato?».

Al Consiglio europeo del 28 giugno ci saranno novità in favore della crescita?
«Sì, occorrono iniziative forti. Prevedo aiuti per le piccole e medie imprese, interventi sulle burocrazie e a favore delle infrastrutture. Credo anche che il nuovo presidente della Banca europea per gli investimenti, un tedesco di cultura liberale, immetterà più liquidità nel mercato».