di Rossella Minotti e Marinella Rossi

MILANO, 3 maggio 2012 - NON HA GRADITO, l’ala maroniana del movimento, la sortita di Umberto Bossi che a Zanica ha annunciato di volersi ricandidare alla segreteria. Decisione ribadita anche ieri sera al comizio di Cassano Magnago, nel varesotto. «Mi ricandido? Per forza» insiste lui. E dal Lega Unita Day si passa al day after della discordia.
Nel Carroccio sono in tanti a commentare in tono negativo le parole del presidente. Ma il Senatur lancia l’idea delle primarie nella Lega. «Un’idea molto positiva, la parola ai militanti», replica sornione Roberto Maroni accettando la sfida; ma poco prima su Facebook aveva scritto: «La pulizia nella Lega deve continuare... Largo ai giovani. Grazie a tutti coloro che sono venuti a Zanica. Peccato solo che la dichiarazione (a sorpresa) di Bossi di volersi candidare alla segreteria abbia consentito ai giornalisti di mettere in secondo piano la protesta fiscale contro l’Imu sulla prima casa». Toni di disapprovazione fino a poco tempo fa impensabili in casa Lega. Durissimo il sindaco ricandidato di Verona Flavio Tosi, che certo di avere la vittoria in tasca si spinge a dire: «La ricandidatura di Umberto Bossi? Inaspettata e inopportuna».
Tutti per Maroni insomma, anche il sindaco di Varese Attilio Fontana: «Bossi si ricandida? È un’ipotesi ma non credo ci sia bisogno». Anche Luca Zaia dal Veneto rimanda tutti al congresso, mentre i giovani maroniani fanno circolare in rete lo slogan «Il rinnovamento non va fermato, Maroni ce l’ha insegnato». Perché la sortita del senatur è vissuta come uno stop anche dalla base di un movimento che sta facendo della pulizia interna una bandiera.
Il barricadero Matteo Salvini sintetizza le tante telefonate sorprese o amareggiate giunte ieri a Radio Padania: «La Lega c’è e ha vissuto grazie a Bossi e di Bossi, ma di Bossi e su Bossi non possono vivere i deputati o i funzionari di partito. Abbiamo scelto la via del congresso per dare, come dice Bossi, la parola ai militanti e alla gente. Il resto sono chiacchiere». Il cauto Roberto Calderoli azzarda: «Non mi sembra il momento di pensare alle candidature».

ANCHE perché sul fronte giudiziario si procede a piccoli passi inflessibili: si persegue un’ipotesi di fondi neri, o di appropriazioni indebite, che promette sviluppi. Ammonterebbero ad almeno 500 mila euro, diamanti esclusi (là l’investimento era di 200 mila euro) i movimenti di denaro sospetti attributi al senatore Piergiorgio Stiffoni (candidato a un’accusa di peculato): denaro cioè tratto dai contributi del Senato al gruppo della Lega, sui quali Stiffoni aveva delega a operare, e convogliato attraverso contanti e assegni circolari in altri conti, e in rivoli che in parte si perdono. Che fossero movimenti sospetti, lo aveva segnalato anche l’Uif, attuale acronimo dell’Ufficio cambi della Banca d’Italia. L’ipotesi perseguita dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai sostituti Roberto Pellicano e Paolo Filippini è che ci si possa trovare davanti a un sistema di finanziamenti, ottenuti per soddisfare i bisogni della Lega che contava da un lato, dall’altro per maturare plusvalenze nere in favore sia del mediatore che dei finanziatori.