BERGAMO
IN CASA
aveva un vero e proprio arsenale (oltre alle armi portate con sè nel blitz alle Entrate): due fucili, 5 carabine, 2 pistole, 600 proiettili e un chilo e mezzo di polvere da sparo. Ma per il difensore Stefano Paganelli non esistono dubbi: quello di Luigi Martinelli è stato un gesto dettato dalla disperazione, condizionato dalla situazione che l’uomo si trovava a vivere, andato oltre le sue intenzioni.
«Mi limito — dice il legale — a ribadire il mio parere. Ciò che ha fatto Martinelli è stata una cosa più grossa di lui. La sua intenzione era di arroccarsi all’interno dell’ufficio per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul suo caso, quello di un uomo disperato, che a oltre cinquant’anni era rimasto senza lavoro e si trovava a vivere una pesante situazione economica. «Nel corso dell’udienza di convalida — continua il legale — Martinelli ha ribadito a più riprese che non intendeva fare del male a nessuno e grazie a Dio così è stato. Certo la legge è la legge e deve fare il suo corso».
«Adesso Martinelli è consapevole ed è pentito di un’azione che ha superato la sua volontà. La sua voleva essere un’azione dimostrativa: avrebbe occupato l’Agenzia delle Entrate e mandato a casa tutti. Ha fatto uscire subito tutti tranne quattro impiegati maschi. Tre li ha liberati all’arrivo del brigadiere e ne ha trattenuto uno forse perché era il più anziano e ai suoi occhi appariva forse come il “capo”».

SULLA



vicenda si innesta una polemica politica. La visita fatta in carcere a Martinelli da due parlamentari della Lega Nord, Calderoli e Stucchi, ha provocato la reazione di Riccardo Nencini, assessore al bilancio della Toscana, che in una lettera aperta «ai rivoluzionari di buon senso» si dice stupefatto «che un ex ministro vada ad omaggiare un evasore patentato».
G. Mor.