dall’inviato


Gabriele Moroni
GENOVA
«HO VISTO

quei due tipi strani. Mi sono accorto che mi stavano puntando, che mi seguivano. Ho cercato di accelerare il passo. Ho avuto appena il tempo di aprire la portiera dell’auto e sono stato colpito». Nel suo letto d’ospedale Roberto Adinolfi ricostruisce al pm Silvio Franz l’attentato nel quale è rimasto ferito. La città di Guido Rossa ripiomba nel clima fosco degli anni Settanta, dei dirigenti Ansaldo gambizzati prima che le Brigate rosse si avvitassero nella spirale assassina. Tre colpi alle gambe di Roberto Adinolfi, 59 anni, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, gruppo Finmeccanica. Nessuna rivendicazione. «Quelle che sono preoccupanti — dice un investigatore — sono le modalità, la tecnica usata. È un chiaro atto terroristico». L’attentato veter-brigatista è l’ipotesi più accreditata. Il gesto viene definito «altamente simbolico». L’aria di antico è l’aspetto più inquietante, anche perché gli attentatori hanno sparato con una vecchia pistola sovietica Tokarev calibro 7,62. Non viene del tutto esclusa neppure la pista anarchica ricordando un appello circolato mesi fa su web da parte di alcuni gruppi «ad alzare il tiro», «a pensare di passare a una fase che possa prevedere l’azione armata». I carabinieri del Ros percorrono anche la pista dell’antinucleare, dell’estremismo ambientalista e ancora più in profondità quella del business per commesse che Ansaldo Nucleare potrebbe avere ricevuto, anche all’estero. È stato invece lo stesso ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri a escludere la «pista personale». Le condizioni del manager, raggiunto da uno dei tre proiettili al polpaccio destro, non sono gravi. Ricoverato in traumatologia al San Martino con la tibia fratturata dal proiettile, guarirà in 45 giorni.

LE OTTO

del mattino. Pietro, il più giovane dei tre figli di Roberto Adinolfi, è il primo a uscire dalla palazzina al numero 14 di via Montello, una strada a senso unico in leggera salita nel quartiere popolare di Marassi. La famiglia vive in uno dei dodici appartamenti del caseggiato. Il giovane si trova quasi di fronte a due uomini su uno scooter nero, i volti completamente celati da caschi integrali. Roberto Adinolfi compare sulla soglia verso le 8,20. Al braccio ha una valigetta 24 ore. Si incammina sulla destra, diretto verso il suo monovolume Peugeot. Percorre circa duecento metri. Uno degli uomini lo segue, gli piomba alle spalle. Nessuna parola. Tre colpi diretti sotto il ginocchio destro. Uno va a segno a buciapelo, come indica l’areola rimasta attorno alla ferita. Sopraggiunge il complice sullo scooter, carica lo sparatore, fuggono. Non c’è molto traffico. Adinolfi si accascia. Con il cellulare riesce a chiamare la moglie Anita, in casa con gli altri due figli, Mario e Francesco. Tutti e tre si precipitano in strada.

«HO SENTITO

degli scoppi — dice Salvatore Sannino, custode dello stabile al 13 di via Montello —, ho pensato che fossero i soliti ragazzini che fanno esplodere i petardi. Dopo qualche secondo ho sentito gridare per almeno cinque o sei volte ‘Aiuto, aiuto, mi hanno sparato’. Mi sono avvicinato. Ho visto un uomo a terra, una signora buttata su di lui e due giovani che cercavano di stringergli qualcosa attorno alla gamba per bloccare l’emorragia». Francesco Adinolfi chiama i soccorsi telefonando al 118 e a un medico amico di famiglia, Francesco Santolini, direttore di ortopedia e traumatologia d’urgenza al San Martino. Sarà lui a operare il manager. «Hanno sparato a papà — dice concitato Francesco —. Che facciamo? Lo portiamo da te?». Accorrono un’ambulanza e due «gazzelle» dei carabinieri.
ATTORNO
a mezzogiorno lo scooter degli attentatori, un Yamaha X-Max immatricolato nel 2010 e rubato due mesi fa, viene ritrovata dalla polizia in viale Sauli, nella zona della stazione di Brignole, parcheggiato accanto ad alcuni cassonetti delle immondizie.
Nel pomeriggio il ferito riceva le visite di Sabina Rossa, figlia di Guido, deputata del Pd, dell’amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi, del direttore generale Alessandro Pansa. È sereno. «Era una bella giornata di sole — dice —. Mai mi sarei aspettato che accadesse una cosa del genere».