Silvia Mastrantonio

ROMA, 28 maggio 2012 - PAOLO Gabriele, aiutante di camera di Papa Benedetto XVI, non può aver agito da solo. La convinzione è forte Oltretevere, e le indagini ora puntano sul «livello superiore», sulla mente dietro il furto di documenti riservati dall’appartamento del Papa. Tant’è che potrebbero esserci anche altri arresti. Ci sarebbero uno o più mandanti determinati a portare a termine un progetto, dietro le azioni del «corvo» del Vaticano che si sarebbe mosso non per denaro — anche se continuano i controlli sui conti della famiglia Gabriele — o per ossessione di verità, ma sulla scia di un disegno indicatogli da qualcuno al quale non si sarebbe potuto opporre. Lui, maggiordomo del Papa, è descritto da tutti come una persona disponibile, buona, addirittura esageratamente «semplice» per portare a termine un disegno così complesso e pericoloso. In casa sua sono state trovate casse di documenti e apparecchiature in grado di fotografarli, ma questo non significa — si ripete in Vaticano — che l’idea sia partita direttamente dal componente della «famiglia» del Pontefice. La moglie, Manuela Citti, lo difende ma solo con qualche battuta strappata: «Paolo è fedele al Papa, non avrebbe mai fatto nulla contro di lui». Per il resto si affida agli avvocati che le hanno consigliato il silenzio.

LO STESSO silenzio che i legali avrebbero sollecitato a Gabriele, rinchiuso nella cella di sicurezza della Gendarmeria. Ora, però, il muro si sarebbe rotto e l’aiutante di camera del Papa avrebbe deciso di cominciare a raccontare la sua verità. Le voci di corridoio lo descrivono come abbattuto, intento a pregare e a leggere. Quello che da lui ancora non è arrivato gli investigatori del Papa (Gabriele è cittadino vaticano e i documenti sono stati recuperati all’interno della Città del Vaticano) cercano di ricostruirlo passando al microscopio la vita del maggiordomo, i tabulati del suo telefono, le testimonianze di quanti lo conoscono e lo hanno frequentato negli ultimi mesi. Perché la fuga dei documenti è iniziata a gennaio e anche le ricerche vanno indietro nel tempo. C’è un aggancio preciso: il libro ‘Sua Sanità’ di Gianluigi Nuzzi, che contiene molti documenti top secret. Come sono giunti in possesso del giornalista? Un dettaglio non di secondo piano riguarda alcune delle carte uscite dalla Santa Sede e che non erano ancora transitate negli archivi vaticani: quei fogli potevano trovarsi solo nell’appartamento di Benedetto XVI. Per Gabriele è un forte elemento d’accusa.
Ieri il silenzio delle fonti ufficiali (dopo la conferenza stampa di sabato di padre Lombardi) ha moltiplicato le congetture. Tra le tante una parla di una donna, dipendente vaticana ma con un lavoro anche a Roma, che avrebbe avuto contatti con Gabriele. La signora viene descritta nei particolari e indicata come appartenente allo stretto entourage del Pontefice, fino a seguirlo in viaggi ufficiali.

MA LE VOCI più insistenti puntano su alti prelati che avrebbero tentato di isolare il Papa attraverso la divulgazione di scritti riservati. In caso di comprovata colpevolezza di alti ranghi della Chiesa, la Commissione d’indagine incaricata dal Papa di far luce sui ‘Vatileaks’ e presieduta dal cardinale Julian Herranz, è l’unica autorizzata a indagare su dei pari grado, ovvero degli altri cardinali.