Nicola Palma
MILANO
LA LORO

battaglia è iniziata anni fa. Ben prima che il terremoto mettesse in ginocchio l’Emilia. Le loro richieste le hanno già avanzate al governo Monti: «Tutti i palazzi devono avere una certificazione di sicurezza, con i privati obbligati per legge a mettere a norma gli edifici dal punto di vista antisismico, con opportuni incentivi». È la linea del Consiglio nazionale degli ingegneri, tracciata dal presidente Armando Zambrano.
Ora può essere il momento buono: tanti cittadini si stanno interrogando sulle condizioni delle case in cui abitano.
«C’è la necessità di sviluppare un’attività mirata di prevenzione: tutti i palazzi devono avere una carta d’identità. Diverrebbe anche un valore aggiunto in caso di vendita: l’acquirente saprebbe che la casa è sicura e che non rischia di restarci sotto».
Si può ipotizzare la resistenza al terremoto dei fabbricati in base all’epoca di realizzazione?
«Non è un dato assolutamente sufficiente. È evidente che conta molto lo stato di conservazione e la manutenzione. Comunque, per verificare la capacità di resistenza al terremoto occorre avere conoscenza della struttura portante dell’edificio e quindi verificarla secondo le prescrizioni delle norme tecniche vigenti per le varie situazioni. Se la verifica non è positiva, il tecnico progettista svilupperà un progetto di adeguamento o miglioramento, secondo le necessità da concordare con il proprietario, che individuerà gli interventi da effettuare per rendere il fabbricato antisismico».
Che differenza c’è tra miglioramento e adeguamento?
«Il semplice miglioramento consiste nell’apportare qualche modifica. L’adeguamento, invece, porta l’edificio ai massimi standard previsti per quell’area del Paese».
Facciamo un esempio pratico: prendiamo un fabbricato in cemento armato di dieci piani. Cosa si può fare per renderlo più resistente a un sisma?







«Si possono rendere più forti i collegamenti tra pilastri e travi per migliorare la stabilità dell’edificio, ‘placcandoli’, come si dice in gergo, con piastre in acciaio o in fibre di carbonio; in questo caso, però, è necessario intervenire in tutte le abitazioni e quindi convincere tutti i condomini».
E un metodo meno invasivo? «Agire a livello di piano interrato, tagliando i pilastri e inserendoci degli isolatori sismici: è come mettere un gommino sotto il tavolo, così che il movimento del pavimento viene assorbito in gran parte dall’elemento intermedio». Quanto costa?
«Ovviamente, entrano in gioco tanti fattori, dallo stato d’uso alla tipologia edilizia. Il primo intervento può valere normalmente dal 5 al 10% del costo di costruzione dell’immobile: siamo sui 50-150 euro al metro quadrato. Per il secondo, invece, parliamo di qualche migliaio di euro per ciascun isolatore, da posizionare sotto ciascun pilastro».
E un vecchio palazzo del centro?
«Per gli edifici in muratura, l’adeguamento passa dal rifacimento o dal consolidamento dei solai, che di solito non sono ben collegati al resto alle murature; si può inserire un cordolo di calcestruzzo armato per tenere unite le strutture verticali ed evitare così che un terremoto faccia oscillare le diverse parti in maniera da allontanarsi facendo quindi perdere l’appoggio ai solai».