di Rossella Minotti

MILANO, 4 giugno 2012 - DOPPIETTA per Roberto Maroni. All’elezione del suo protetto, Matteo Salvini, come segretario della Lega Lombarda, segue quella più sofferta di Flavio Tosi, sindaco di Verona, alla guida della Lega Veneta. Una vittoria più di misura, quella di Tosi, ma importantissima perché le forze in campo erano massicce da una parte e dall’altra.

IL VENETO che non vede troppo di buon occhio la Lega lombarda, «la potentissima» come continuava a ripetere Maroni durante il congresso di Bergamo, schierava Massimo Bitonci, che al congresso di Padova aveva infatti scandito: «Non vogliamo più essere condizionati da nessuno: in Veneto comandano i veneti». Gli hanno dato ragione 178 delegati, ma 236 hanno preferito eleggere il maroniano Tosi, nonostante le sue posizioni eretiche su molti temi, dalla fascia tricolore indossata più volte sino al negazionismo della secessione, tema tanto caro al Carroccio delle origini. La Lega sta cambiando. Uscirà diversa oggi dall’importante Consiglio federale in via Bellerio, dove si getteranno le basi del futuro. «Si mette mano dopo anni allo statuto — afferma il governatore del Veneto Luca Zaia — ed è come mettere mano alla Costituzione, visto che si tratta di uno statuto fino a poco tempo fa considerato intoccabile. Sicuramente lì troveremo varchi per l’autonomia decisionale all’interno delle singole Leghe, e varchi importanti per le segreterie nazionali, il che significa più padroni a casa nostra». Quella che si va profilando è una Lega con un Maroni eletto a fine giugno segretario ma che vedrà al suo fianco altre figure, una segreteria politica forte che rappresenti le istanze del Veneto senza per questo minare l’unità del movimento ormai in picchiata nei sondaggi. Tosi succede a un emozionato Giampaolo Gobbo, che ha guidato per 15 anni la segreteria veneta del Carroccio. «Con Salvini in Lombardia e Tosi nel Veneto la Lega riparte con un gruppo dirigente giovane e capace» scrive il leader dei Barbari sognanti su Facebook, «Adesso basta divisioni e polemiche, giriamo la brutta pagina degli ultimi mesi e cominciamo a scriverne una nuova, tutti uniti. Il rinnovamento profondo della classe dirigente è proprio ciò che la Lega sta facendo».

UNITÀ
è ora la parola d’ordine. Anche con Umberto Bossi, che a Bergamo ha pronunciato un discorso misurato. Certo molto diverso da quelli di un anno fa, quando voleva cacciare Maroni dalla Lega e definiva «stronzo» l’eretico Tosi. «Non sono mai stato un permaloso», dice oggi il nuovo segretario veneto, «Bossi, soprattutto nelle riunioni interne, più di qualche volta ha bistrattato chi collaborava con lui, ma bonariamente, tanto che a seguito di quelle parole ci fu un chiarimento sereno a Milano. Acqua passata, ora ci sarà il congresso federale dove si ripartirà con la Lega di una volta». Ritorno alla purezza delle origini insomma. Con un Bossi non domo ma provato, che ieri era in prima fila all’Incontro mondiale delle famiglie a cercare la benedizione del Papa per la sua.