dall’inviato


Lorenzo Bianchi
MIRANDOLA (Modena)
«NON TEMETE

qualcosa posso farla. Caso mai qualcuno si distraesse, posso dargli la sveglia e lo farò». Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si congeda dai 200 sfollati del campo «Friuli 1» di Mirandola. Scatta un applauso corale. Subito dopo, mentre il capo dello Stato raggiunge la sua auto, si sente qualche fischio. La prefettura di Modena si precipita a precisare che i contestatori erano in tutto una quindicina e che li guidavano «noti militanti di gruppi antagonisti». Un contestatore inalberava un cartello che inneggiava a Keynes e attaccava la «sobrietà» di Monti. Un leghista di Modena ha inveito contro il tricolore. «È morto», ha gridato.
«A Roma — ha rincarato — sono caduti tre centimetri di neve ed è dovuto intervenire l’esercito». In mattinata Giovanni Bruschia, un ingegnere dell’Astaldi, aveva invitato il capo dello Stato a «chiudere il Quirinale».

SONO STATE


le uniche increspature di una giornata che si è conclusa con molti applausi a Sant’Agostino, in provincia di Ferrara. «Presidente siamo nelle sue mani», ha gridato un abitante. «E io nelle vostre, così siamo a posto», ha replicato pronto l’inquilino del Quirinale. La vedova di Leonardo Ansaloni, un operaio morto nel crollo della ceramica Sant’Agostino, affida la sua amarezza a una lettera letta dal Tg 3. «I fiori — ha scritto — sono belli, ma poi appassiscono».
Il viaggio di Napolitano in terra emiliana comincia alle 12 nella terza torre della Regione, a Bologna. Il capo dello Stato tenta di rincuorare i sindaci: «Finiranno le scosse, come è finita la guerra». Il presidente confessa di aver firmato il decreto del governo a favore delle zone terremotate alle 20 e 30 di lunedì. «Non potevo venire da voi senza avere il provvedimento in mano. Mi è arrivato mentre ricevevo per la prima volta il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi».
Il capo dello Stato dice che il numero uno degli industriali era molto interessato all’«agibilità temporanea per i capannoni». Nel testo, precisa, c’è «molto lo zampino del presidente Vasco Errani». «Vigilerò sulla ricostruzione», promette Napolitano.
Nel pomeriggio si sposta in elicottero a Mirandola. Sotto la tenda bianca lo aspettano circa 200 cittadini. La Digos allontana due giornalisti della rivista online


Info out vicina al centro sociale Guernica di Modena. Con la voce rotta dalla commozione Napolitano ricorda la resurrezione della Basilica di Assisi e del duomo di Gemona. «In questa occasione drammatica — constata — molti italiani hanno scoperto che Mirandola non è un posto per scampagnate, ma un grande centro tecnologico europeo. Noi — promette — lo faremo rivivere, non ho dubbi che l’Emilia si rialzerà, che rialzerete le vostre aziende, voi siete gente forte». Occorrerà tempo.
«Pazienza e coesione — esorta — ci vuole fiducia». La sua voce si incrina di nuovo quando parla della «grande nazione» che risorge sempre «quando una parte di essa è ferita a morte». La sorella di Biagio, l’operaio più giovane schiacciato dal tetto della Haemotronics, si dispiace di non aver potuto stringere la mano di Napolitano.

NELLA SEDE


della Regione il presidente aveva chiesto un piano di sicurezza nazionale per il rischio sisimico e geologico. «Quando c’è un terremoto — aveva dichiarato — non c’è tanto da prevenire, ma c’è molto da fare per trovare il modo di reggere un urto fatale». Poco dopo la partenza del capo dello Stato il sisma si è rifatto vivo con una scossa di 3,3 gradi della scala Richter. L’epicentro fra Mirandola e Medolla.