Matteo Palo
ROMA
«UNA BOIATA».

Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, attacca a testa bassa la riforma del lavoro. Le parole del patron della Mapei sono pesanti e fanno trasparire un giudizio fortemente negativo sulle principali questioni che in queste settimane attraversano il dibattito di parlamento e governo: il ddl lavoro e il decreto sviluppo. Ma soprattutto, Squinzi sembra avercela con il quadro politico italiano, definito «sconcertante».
«La riforma del lavoro è una vera boiata, ma non possiamo che prendercela così: dobbiamo presentarci il 28 giugno al Consiglio europeo con una riforma approvata». Questa è la frase lapidaria con la quale il leader degli industriali, nel corso dell’assemblea nazionale dell’associazione dei produttori di laterizi (Andil), ha inchiodato l’esecutivo. Il disegno di legge approvato al Senato e fermo alla Camera non piace per niente. Ma non ci sono alternative: le imprese devono prenderlo così com’è per portarlo all’Europa entro i tempi invocati dal premier Mario Monti. Al massimo si potrà puntare su qualche aggiustamento futuro. «Poi spero ci sia l’occasione di tornare nel merito per i correttivi».

UN GIUDIZIO


che pesa ancora di più perché poco prima Squinzi aveva sottolineato la scelta di Confindustria di improntare alla «moderazione i giudizi su riforma del lavoro e decreto per lo sviluppo per non aggiungere negatività in un quadro già complicato». Poi, però, ha usato toni molto netti. Non solo sul lavoro ma anche sul decreto sviluppo, sul quale sono venute fuori diverse perplessità. «Il decreto sviluppo è ancora tutto da interpretare. Quello che contesto è la mancanza di incentivi per la ricerca, innovazione e per lo sviluppo», ha detto, rivelando di avere già strappato la promessa di modifiche future allo Sviluppo economico: «Il ministro Passera mi ha rivelato che aveva inserito dei capitoli per questo e che ci rimetterà mano».

MA L’ALTRO

affondo deciso è arrivato sul quadro politico. Che Squinzi ha definito «sconcertante». «Sul fronte politico c’è una situazione di grande preoccupazione», ha aggiunto riferendo di un incontro con il presidente del Senato, Renato Schifani, “che ho sentito molto preoccupato dall’incertezza del quadro politico». Soprattutto alla luce di una cura «sproporzionata rispetto alle nostre forze per il rientro dal deficit», che porta l’industria italiana a soffrire più che in altri Paesi, a causa della depressione dei consumi ormai galoppante.
Infine, il leader degli industriali ha elencato alcune priorità per il governo, sulle quali serve un intervento rapido. La prima, «la madre di tutte le riforme», resta la necessità di una «semplificazione burocratico-amministrativa». Poi la stretta del credito: «Ogni giorno devo parlare con Mussari (il presidente dell’Abi) — ha detto Squinzi — e credo che stiamo trovando un buon rapporto che potrebbe tradursi in un miglior rapporto tra imprese e banche». Quindi il fisco, «il più esoso, complicato ed inaffidabile in Europa».