Nuccio Natoli
ROMA
«O UNA

spending review vera e seria, o non ci resterà che lo sciopero generale». Anche se lo nega, suona come un ultimatum l’avvertimento del segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, a «un governo che finora è riuscito solo a prendersela con lavoratori, pensionati e a picchiare duro con le tasse».
Sciopero generale, o sciopero tutto politico?
«Al punto in cui siamo scioperare per protestare serve a poco. Se faremo uno sciopero sarà per chiedere al governo di andare a casa».
Sfiduciare il governo, però, è compito del Parlamento...
«Vero, ma la politica è prigioniera del governo. Non è più in grado di esprimere una posizione, un’idea. Lo prova quel che accade con la riforma del lavoro».
Si riferisce all’approvazione della riforma con voto di fiducia?
«Appunto. Ci sarà il voto favorevole, mentre si tenta di accordarsi con il governo per apportare modifiche alla riforma con un provvedimento successivo. E’ la prova che è una legge fatta male e votata di malavoglia dai partiti. Una cosa davvero senza senso».
Il sindacato non riesce proprio a digerire la riforma del lavoro.
«Come si fa ad accettare una riforma che è figlia di scarsa conoscenza del mercato del lavoro, di mancanza di idee sugli obiettivi e di conclamata imperizia politica?».
Non salva proprio nulla.
«Impossibile salvare qualcosa di una riforma mostriciattolo che non ridurrà né la precarietà, né la disoccupazione. Insomma, un’accozzaglia di norme difficili da applicare che servirà solo a dare lavoro agli avvocati. Tra qualche mese non si dica che il sindacato non l’aveva previsto».
Monti dice che serve a convincere Bruxelles delle nostre buone intenzioni.
«Il presidente del Consiglio vuole solo far vedere che ce l’ha fatta, ma credo sia consapevole che gli effetti saranno nulli. La verità è che il governo sul mercato del lavoro non ci ha capito nulla. Ha fatto tanto fumo e niente arrosto».
Sugli esodati anche i partiti ora chiedono chiarezza.
«Alla buonora. Il sindacato aveva spiegato subito che il meccanismo era sbagliato e avrebbe prodotto conseguenze drammatiche».
Perché non vi hanno ascoltato?
«A differenza del mercato del lavoro su questo aspetto erano preparatissimi. Anche loro sapevano quel che sarebbe accaduto, ma hanno preferito sorvolare perché volevano solo fare cassa con le pensioni. La vita delle persone, però, non è un teorema asettico da spiegare in un’aula universitaria. Quando ci vanno di mezzo migliaia di famiglie ci vuole almeno una forma minima di decenza. Cosa che non c’è stata».
Ha detto che il sindacato ora aspetta la spending review...
«E’ l’occasione, forse l’ultima, per correggere una politica economica totalmente sbagliata. In Italia i cittadini sono virtuosi e non ricorrono ai debiti. La politica, invece, ha creato uno Stato spendaccione che ha puntato tutto sui debiti. O con la spending review si inverte la tendenza, oppure sarà la fine».
Non è troppo facile prendersela con la politica?
«E’ un dato di fatto che sia stata la politica a spingerci verso la recessione. Oggi a decidere come si spende il denaro pubblico è un potere politico concentrato nelle mani di 135mila persone e di 7 mila aziende pubbliche. O si interviene davvero su questo fronte, o la prossima pillola amara sarà l’aumento dell’Iva. E’ inaccettabile».
Quali conseguenze teme?
«Saranno colpiti ancora una volta brutalmente lavoratori e pensionati, la disoccupazione il prossimo anno balzerà al 12%, la recessione che già oggi fa chiudere 20 aziende al mese diventerà più violenta e, di conseguenza, la gestione del debito pubblico sarà sempre più difficile e più costosa».
Questo è pessimismo allo stato puro.
«No, purtroppo è solo realismo. Aggiungo che se non ci sarà una svolta immediata, sia la situazione economica, sia quella sociale non saranno in grado di reggere fino alla primavera del 2013. Il sindacato cercherà di farlo capire a tutti usando l’unica arma a sua disposizione: lo sciopero generale».