Nino Femiani
PALINURO (Salerno)
UNA

tragedia nel paradiso del diving. Quattro sub — un istruttore e tre ‘visitatori’ — sono morti nella Grotta del Sangue, una delle tante cavità marine, appuntamento obbligato delle immersioni a Capo Palinuro. Una tragedia che ha colpito uno dei diving più noti e antichi, quello del ‘Pesciolinosub’, gestito da Roberto Navarra romano di 46 anni, soprannominato the boss. Proprio Navarra aveva guidato il suo Lomac, conducendo altri sei sub con l’altra guida, Douglas Rizzo, 41 anni, nato a Londra ma residente a Roma.

ARRIVATI

alla Grotta del Sangue — che la gente del Cilento chiama così perché a settembre le alghe danno un colore rosso alle pareti — il gruppo si è diviso in due tronconi. Uno guidato da Navarra, l’altro da Douglas che comprendeva due romani Andrea Petroni, 41 anni e Susy Cavaccini, 36 anni, e Telios Panaiotis, 22 anni, nato a Reggio Calabria e di origine greca. Un’immersione non molto complicata, uno dei punti più amati dai sub per la presenza di diverse bolle d’aria e per la profondità che non supera mai i quindici metri.
Eppure, qualcosa è andato storto. I quattro non hanno fatto più ritorno in superficie. Quando Navarra è uscito con il suo gruppo, si è reso subito conto che era successo qualcosa. Nonostante la poca aria nelle bombole è tornato nella grotta, ma è riuscito solo a vedere i corpi di due sventurati, uno dei quali — Andrea Petroni — privo di vita galleggiava all’ingresso della grotta. Una volta sul gommone, in preda allo choc, ha lanciato l’allarme. I quattro sopravvissuti, ascoltati nel pomeriggio dagli uomini della Capitaneria di porto, hanno ripercorso i terribili momenti che hanno preceduto la tragedia: il fango che si è alzato gli ha fatto perdere di vista gli altri e così sono risaliti.

INTORNO


a mezzogiorno a Palinuro si è subita attivata la task force dei soccorsi, diretta dal capitano di vascello Andrea Agostinelli, comandante della Capitaneria di Palinuro, mentre sul molo si assistevano alle scene di strazio e dolore dei genitori di Petroni, in vacanza nella perla cilentana. «Non c’è nulla più da fare», ha tagliato corto il comandante. I soccorritori, infatti, avevano comunicato via radio che avevano già raggiunto gli altri tre corpi, tutti senza vita.
Il dolore per la morte dei quattro sub si è sommato allo sgomento per una vicenda a tratti inspiegabile. Secondo alcuni, i quattro hanno dovuto uscire da un cunicolo più stretto perché quello più ampio era stato ostruito da un distacco della volta. Oppure che siano rimasti bloccati in una zona stretta a causa della sabbia sollevatasi durante il loro passaggio.

MA A QUESTO


punto non sarebbero più riusciti a trovare la strada della salvezza perché l’acqua era diventata torbida. La loro autonomia non superava la mezzora (il doppio del tempo di esplorazione) e sono rimasti intrappolati.
Qualcuno ha cercato di sfruttare una piccola bolla d’aria presente nella cavità, ma anche questa riserva è presto terminata. Verso le 20 le operazioni di soccorso sono state completate ed è cessato il frenetico via vai di imbarcazioni e gommoni. La Procura di Vallo della Lucania ha aperto una inchiesta. Un magistrato ha partecipato già ad alcune riunioni operative. Forse solo il procedimento potrà chiarire cosa è davvero avvenuto. A terra c’è chi parla di un crollo, di una sacca di gas, di una fune spezzata.