Antonella Coppari
ROMA
BASTA

«ciurlare» nel manico. Napolitano vede la clessidra scorrere e decide di fare un nuovo, pesante appello ai partiti prima che non ci sia più modo di cambiare il Porcellum. Invia una lettera a Fini e Schifani perché facciano sveltire la pratica: chiudete con le trattative segrete che non portano a nulla — dice alle forze politiche — andate in Parlamento e decidete lì con quale legge si voterà. Tutti si dicono d’accordo ma la situazione è complicata, anche perché andare in aula senza intesa preventiva può portare a qualsiasi risultato.
Per ora, i contatti fra Alfano, Bersani e Casini non hanno dissolto i punti di attrito evidenziati dagli sherpa (Migliavacca e Verdini, gli ultimi della lista) né sul sistema base né sui dettagli. Volano accuse, s’incrociano i sospetti: nel Pdl qualcuno pensa che il Pd abbia chiesto una mano a Napolitano perché scettico sullo schema in discussione dietro le quinte, i democratici sono convinti che i berlusconiani vogliano fare al massimo ritocchini.
E pure tra Fini e Schifani c’è elettricità: entrambi rispondono all’appello convocando «subito» la conferenza dei capigruppo, ma il leader di Fli avverte: non mi sono attivato perchè la discussione era incardinata al Senato. E si riparte da lì (il Pdl è in vantaggio, avendo la maggioranza con la Lega), dalla commissione affari costituzionali dove giacciono 34 proposte e c’è già chi prevede che non si farà nulla prima di settembre.

QUANDO



si chiarirà meglio il ruolo di Monti dopo il 2013: sulle sorti del Porcellum si allungano le ombre del premier e della grande coalizione, oltre a quella di Berlusconi. Non aiutano a dissipare le nebbie i calcoli sul sistema ad ognuno più conveniente. Di qui l’aut-aut del capo dello Stato che sceglie la formula della lettera a Fini e Schifani. «Mi auguro che l’autorevole opinione dei presidenti della Camere, nel continuo rapporto con i capi dei gruppi parlamentari possa concorrere a sollecitare la oramai opportuna e non più rinviabile presentazione in Parlamento di una o più proposte di legge elettorale».
La riforma, avverte, va fatta «anche rimettendo alla volontà maggioritaria delle Camere» i nodi più spinosi. Un monito che arriva 24 ore l’auspicio di Monti su riforme politiche-istituzionali antisrpead. Il buonsenso, ragiona il Quirinale, consiglia di partire dalla bozza Violante-Quagliariello (sistema ispanico-tedesco) su cui l’intesa prima delle amministrative sembrava a un passo. Ora la guerra è di posizione: Quagliariello propone uno scambio tra presidenzialismo e doppio turno, Alfano rilancia le richieste del Pdl, («Non siamo noi a non voler l’accordo), mentre Bersani avverte: pronti a discutere della nostra proposta (il doppio turno), senza scambi.
Tra i punti fermi della discussione oltre alle preferenze, il premio di maggioranza al partito più votato (per il Pdl non inferiore al 15%) e sui collegi uninominali sullo schema del Provincellum. Al Pd però appare penalizzante.