Alessandro Farruggia

ROMA, 18 luglio 2012 - DATO CHE NEVICÒpure a Pantelleria, è un miracolo che manchi la Sicilia. Ma per il resto di regioni in fila per avere i soldi da Bruxelles per l’emergenza neve ce ne sono ben undici. Da quelle davvero colpite dall’ondata di gelo come le Marche, l’Emilia Romagna e l’Umbria a quelle giusto imbiancate (d’inverno, succede). Accumunate dall’italica tentazione di arraffare fondi comunitari se solo è possibile. E così quando hanno visto i numeri che gli erano giunti da Roma, a Bruxelles hanno fatto un salto sulla sedia. Gli avevamo recapitato un conto di 2,7 miliardi di euro di danni allungato su ottocento pagine di testo di una ipertecnica relazione con la quale l’Italia sosteneva il coinvolgimento di 13 milioni di cittadini (come dire il 56% dei residenti nell’area delle regioni colpite, che sono poco più di 24 milioni) e batteva cassa per accedere al fondo di solidarietà creato dall’Ue nel 2002 per far fronte alle calamità naturali. Un aiuto sacrosanto per le province davvero colpite dall’emergenza neve, uno spregiudicato tentativo di battere cassa per quelle — la Roma pasticciona che è stata vittima della sua inefficienza e molte altre al Sud — dove le nevicate ci sono state, ma non hanno certo provocato quei danni permanenti che sono tassativamente richiesti per far scattare l’aiuto comunitario in caso di calamità. Erano nevicate e sono state promosse a calamità. Un modo spregiudicato comunque, irresponsabile in tempi di vacche magre, perché il rischio è ora che Bruxelles chiuda i cordoni della borsa e dichiari l’intero dossier irricevibile. E se andasse così saremmo cornuti e mazziati.

IL DOSSIER inviato dalla Protezione Civile italiana alla rappresentanza permanente d’Italia a Bruxelles, che l’ha poi girata agli uffici comunitari, ha suscitato più di una perplessità nei funzionari del commissario Hahn. Troppe undici regioni, e troppo fumose le giustificazioni addotte da alcune di loro per ottenere la copertura di danni non strutturali e non permanenti. È evidente il sospetto che qualche giunta ci possa aver marciato, han pensato e pensano nell’Unione Europea. E così è partita una richiesta di chiarimenti. Alla quale dalla Protezione Civile si è già risposto. Ma Bruxelles è più che irritata. Nella direzione generale competente si osserva che nelle ottocento pagine incriminate c’è «mancanza di omogeneità e di filtro nelle richieste». In altre parole ci si sarebbe aspettati molta più moderazione. E più fermezza da parte della Protezione Civile di fronte a richieste improbabili.

I NUMERI son lì a dimostrarlo. Il dossier, inviato il 4 aprile, quindi entro il termine delle 10 settimane dall’evento, chiede di accedere al fondo a beneficio della regione Marche (danni stimati in 985 milioni di euro), l’Emilia Romagna (473 milioni di euro), l’Umbria (357 milioni di euro). Ma anche del Lazio (268 milioni di euro) e l’Abruzzo (240 milioni di euro), e così il Molise (164 milioni di euro), la Toscana (34 milioni), la Puglia (43), la Basilicata (ben 92), e persino la Calabria (17 milioni di euro). Nonostante — come sempre accade per il fondo di solidarietà europeo — il limite del contributo sia fissato al 2.5% del danno, in parecchi non hanno voluto rinunciare all’opportunità.
Da notare che in virtù del dpcm dell’8 febbraio 2012 il Dipartimento della Protezione Civile ha autorizzato per l’emergenza neve la spesa di 16 milioni di euro — di cui 12.198.708 milioni di euro alle regioni e 3.635.291 euro alle strutture operative nazionali come il ministero della Difesa, la Forestale, la Guardia di Finanza — mentre i soldi stanziati dal Governo per coprirla sono «solo» 9 milioni, che andranno ripartiti in modo proporzionale rispetto a quanto autorizzato. La coperta è quindi comunque corta e i fondi che arriveranno da Bruxelles serviranno solo ad allungarla un po’. Se arriveranno.