Marco Sassano
ROMA
«NON CÈ alcuna ragion di Stato che possa giustificare ritardi nellaccertamento dei fatti e delle responsabilità, ritardi e incertezze nella ricerca della verità specie su torbide ipotesi di trattativa tra Stato e mafia». Con queste dure parole il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiarisce la sua posizione, dopo la raffica di polemiche sulla sua decisione di sollevare, davanti alla Corte Costituzionale, un conflitto di attribuzione nei confronti della Procura di Palermo. Lo ha fatto nel messaggio inviato per il ventesimo anniversario della morte del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della scorta, alla commemorazione promossa dallAssociazione Nazionale Magistrati a Palermo. Una commemorazione molto sentita, a cui hanno preso parte anche numerose autorità (tra tutti il presidente della Camera Fini). In certi frangenti anche polemica, come quando proprio in via DAmelio a Palermo le «Agende rosse» (il movimento fondato dal fratello del giudice Borsellino, Salvatore) hanno inscenato una protesta alzando al cielo agende rosse (che ricordano quella mai ritrovata di Borsellino, e divenute simbolo della «richiesta di verità») e girandosi di spalle allarrivo dei politici. Sul palco della manifestazione, dopo un minuto di silenzio proprio allora in cui scoppiò la bomba, si sono succeduti giudici amici di Paolo Borsellino oltre al fratello Salvatore, che non ha avuto parole tenere per liniziativa di qualche giorno fa del presidente Napolitano verso la procura palermitana. Il capo dello Stato, dalla sua, aveva ribadito quanto fosse «importante scongiurare sovrapposizioni nelle indagini, difetti di collaborazione tra le autorità ad esse preposte, pubblicità improprie e generatrici di confusione».
Napolitano si è poi rivolto alla vedova del magistrato ucciso, la signora Agnese, lunica tra i familiari che non ha preso posizione contro liniziativa del Quirinale, e ha aggiunto che «si deve giungere alla definizione dellautentica verità su quellorribile crimine che costò la vita a un grande magistrato. Questo è limperativo oggi, a distanza di ventanni; questo è il nostro dovere comune». Alludendo ai contrasti degli scorsi giorni con il Quirinale, il procuratore di Palermo, Francesco Messineo è tornato a ribadire che «non ci sono contrasti nè potrebbero essercene con la presidenza della Repubblica. Cè una vicenda di carattere giuridico che avrà soluzione presso la Corte Costituzionale».
NESSUNO SCONTRO anche per il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso: «Mi pare una tempesta in un bicchiere dacqua perché non cè stato mai nessun contrasto tra difesa di istituzioni e verità».
A proseguire nella polemica è però Antonio Di Pietro: «Ci si nasconde dietro un cavillo giuridico interpretativo: il conflitto di attribuzione è stato un atto dirompente e inopportuno». «Difendiamo il Quirinale dallattacco assurdo e sconsiderato che gli ha rivolto Di Pietro replica Enrico Letta, vicesegretario del Pd che vuole mettere Napolitano contro la memoria di Falcone e Borsellino».
ROMA
«NON CÈ alcuna ragion di Stato che possa giustificare ritardi nellaccertamento dei fatti e delle responsabilità, ritardi e incertezze nella ricerca della verità specie su torbide ipotesi di trattativa tra Stato e mafia». Con queste dure parole il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiarisce la sua posizione, dopo la raffica di polemiche sulla sua decisione di sollevare, davanti alla Corte Costituzionale, un conflitto di attribuzione nei confronti della Procura di Palermo. Lo ha fatto nel messaggio inviato per il ventesimo anniversario della morte del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della scorta, alla commemorazione promossa dallAssociazione Nazionale Magistrati a Palermo. Una commemorazione molto sentita, a cui hanno preso parte anche numerose autorità (tra tutti il presidente della Camera Fini). In certi frangenti anche polemica, come quando proprio in via DAmelio a Palermo le «Agende rosse» (il movimento fondato dal fratello del giudice Borsellino, Salvatore) hanno inscenato una protesta alzando al cielo agende rosse (che ricordano quella mai ritrovata di Borsellino, e divenute simbolo della «richiesta di verità») e girandosi di spalle allarrivo dei politici. Sul palco della manifestazione, dopo un minuto di silenzio proprio allora in cui scoppiò la bomba, si sono succeduti giudici amici di Paolo Borsellino oltre al fratello Salvatore, che non ha avuto parole tenere per liniziativa di qualche giorno fa del presidente Napolitano verso la procura palermitana. Il capo dello Stato, dalla sua, aveva ribadito quanto fosse «importante scongiurare sovrapposizioni nelle indagini, difetti di collaborazione tra le autorità ad esse preposte, pubblicità improprie e generatrici di confusione».
Napolitano si è poi rivolto alla vedova del magistrato ucciso, la signora Agnese, lunica tra i familiari che non ha preso posizione contro liniziativa del Quirinale, e ha aggiunto che «si deve giungere alla definizione dellautentica verità su quellorribile crimine che costò la vita a un grande magistrato. Questo è limperativo oggi, a distanza di ventanni; questo è il nostro dovere comune». Alludendo ai contrasti degli scorsi giorni con il Quirinale, il procuratore di Palermo, Francesco Messineo è tornato a ribadire che «non ci sono contrasti nè potrebbero essercene con la presidenza della Repubblica. Cè una vicenda di carattere giuridico che avrà soluzione presso la Corte Costituzionale».
NESSUNO SCONTRO anche per il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso: «Mi pare una tempesta in un bicchiere dacqua perché non cè stato mai nessun contrasto tra difesa di istituzioni e verità».
A proseguire nella polemica è però Antonio Di Pietro: «Ci si nasconde dietro un cavillo giuridico interpretativo: il conflitto di attribuzione è stato un atto dirompente e inopportuno». «Difendiamo il Quirinale dallattacco assurdo e sconsiderato che gli ha rivolto Di Pietro replica Enrico Letta, vicesegretario del Pd che vuole mettere Napolitano contro la memoria di Falcone e Borsellino».
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