Roma, 24 luglio 2012 -  DALLA RUSSIA Mario Monti mette i paletti. Chiarisce che la tempesta (im)perfetta che ha investito Spagna e Italia non dipende dal comportamento attuale di Madrid o Roma, ma dall’eredità di un passato poco glorioso e dalla vischiosità del processo decisionale europeo, fluido come una melassa. Serve più economia «reale» e meno economia di carta, dice Monti. Dagli incontri con Medvedev e Putin il premier italiano riporta la convinzione che «proprio la situazione difficile nella quale versa l’Europa è un motivo in più per cercare rapporti solidi nell’economia reale, industriale e commerciale». Nel frattempo per evitare un cortocircuito Monti allontana da sè la suggestiva ipotesi di elezioni anticipate per garantire ai mercati stabilità politica attraverso un mandato dagli elettori.

«IL GRANDE nervosismo sui mercati e sullo spread — dice da Soci — ha poco a che fare con i problemi specifici dell’Italia ma piuttosto dipende da notizie dichiarazioni e indiscrezioni sull’applicazione delle decisioni prese dal vertice Ue». Certo, ammette, «maggiori risorse al futuro fondo di stabilità sarebbero ovviamente utili per fronteggiare la crisi». Ma sottolinea anche: «Non credo che sia molto facile ottenerlo nel breve periodo, così come ci sono resistenze sull’attribuzione della licenza bancaria allo scudo antispread, licenza che sarebbe un ulteriore motivo di agilità e facilitazione». In altre parole, occorre fare i conti con la realtà, e quindi con Berlino.
E anche i progetti di elezioni anticipate ‘alla spagnola’, se mai accarezzati, vanno accantonati. Monti frena e per farlo sceglie l’intervista alla Rossiskaya Gazeta. «Mi hanno chiesto — dice — di assicurare la gestione del Paese fino alla primavera del 2013. Naturalmente, però, dopo la fine di questo periodo si terranno le nuove elezioni». L’accento è sul ‘dopo’ e anche sul ‘come’. «Pongo molta speranza e auspico — aggiunge il premier — che in quel momento i partiti politici sappiano assumersi tutta la responsabilità. Speriamo che la buona legislazione elettorale possa facilitare la vita politica. Alla fine del mio mandato di premier — conclude — io rimarrò un senatore a vita». «Non sono né un politico né uno statista» dice Monti riferendosi alla sua citazione della celebre frase di De Gasperi «della quale sono state date interpretazioni fuori luogo». Monti nell’intervista sottolinea che «i tre maggiori partiti italiani si sono comportati nel modo più responsabile possibile appoggiando il governo che ho l’onore di guidare». Adesso dovranno completare l’opera con una decente legge elettorale. Poi, succeda quel che deve, o meglio, quel che può.

di Alessandro Farruggia