ROMA
UNO STALLO
costruttivo, un conflitto per pacificare tutti. E votare in autunno. La trattativa sulla legge elettorale ha tutte le caratteristiche dell’ossimoro: si rallenta – dopo il blitz di Pdl e Lega sul presidenzialismo – per accelerare. Ieri il bollettino quotidiano dei contatti tra i partiti registrava un’accelerazione. Che va di pari passo con la persistenza nei ragionamenti non ufficiali dello scenario del voto anticipato. Nessuno lo ammette, ma quando si parla di legge elettorale oramai le elezioni d’autunno sono il necessario corollario. E a sua volta la modifica del ‘porcellum’ è la condizione ‘sine qua non’.
La volontà di chiudere c’è, le aspettative sono altissime – a cominciare da quelle del Quirinale a cui i partiti ieri hanno nuovamente promesso il buon esito della faccenda ma senza andare oltre un ‘stiamo lavorando’ – ma ancora la quadra non c’è. Il Pd non vorrebbe rinunciare al premio di maggioranza al partito (intorno, pare, al 15%), il Pdl, rilancia Angelino Alfano, vuole «le preferenze e se il Pd dice sì si chiude stasera». «Sia il Pdl ad accogliere i collegi uninominali al posto delle liste bloccate – ribatte Franceschini – e l’accordo si chiude stasera». Nel mezzo l’agenda di questi giorni, nei quali gli ‘sherpa’ dei partiti dovranno tessere l’accordo. L’assenza stessa di Silvio Berlusconi alla conferenza stampa sul semipresidenzialismo è stata letta come un segnale di distensione. La nota del Pdl spiegava che Berlusconi avrebbe commentato la riforma solo dopo il via libera dalla Camera (cioè mai), Alfano ha aggiunto che si è deciso così «per non dare altri pretesti alla sinistra». Comunque è un’apertura al Bersani che ha intimato di «non voler essere portato a spasso».

UNA COSA


è certa: senza modifica delle legge elettorale non esiste il ricorso anticipato alle urne. Lo sanno bene i partiti a cui il Colle l’ha oramai ripetuto in tutte le salse, con l’appoggio del premier Mario Monti che ieri ha incontrato separatamente Bersani e Alfano. Il Professore pare abbia fatto capire chiaramente di non volere essere ‘cotto a fuoco lento’ dalla sua ‘strana maggioranza’. In questo caso meglio le urne.
Ma tra i paletti posti dal Quirinale ai partiti c’è anche quello di una campagna elettorale sobria. Con una propaganda sguaiata chi acquisterebbe più un titolo di Stato italiano? Insomma, la faccenda è seria: se si vuole andare al voto anticipato il sentiero è stretto e il tempo poco. Sarà anche per questo che ognuno cerca, anche con il tira e molla, di ottenere il massimo.
Veronica Passeri