Roma, 29 luglio 2012 - Un anno in più bloccati al lavoro. Prima ancora che la riforma Fornero, che ha drasticamente innalzato i requisiti anagrafici per andare in pensione, dispieghi i suoi effetti, a farsi sentire sono le norme Sacconi-Tremonti. «Il sistema è in sicurezza. E’ un segnale di stabilità del Paese», sottolinea soddisfatto il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua.

Come si ricorderà, il governo Berlusconi aveva introdotto la cosiddetta finestra mobile che ritardava di un anno (18 mesi per i lavoratori autonomi) la possibilità di andare in quiescenza una volta maturati i requisiti necessari e ha elevato alle donne che lavorano nel pubblico impiego il requisito anagrafico per ottenere la pensione di vecchiaia portandolo da 60 a 65. Questi meccanismi, a cui si è associato lo ‘scalino’ della riforma Damiano (l’età minima con 36 anni di contributi è passata quest’anno da 59 a 60 anni) hanno abbattuto le uscite nei primi sei mesi del 2012 di quasi la metà (46,99%, per l’esattezza) rispetto alla prima metà del 2011: le pensioni di vecchiaia sono diminuite del 51,09%, quelle di anzianità del 43,12%. E così gli assegni liquidati dall’Inps si sono ridotti da 159.485 a 84.537.

L’età media per l’accesso alla pensione (tra vecchiaia e anzianità di lavoratori pubblici e privati) è 61 anni e 3 mesi (era 60,4 nel 2011). Siamo dunque già diventati più virtuosi dei francesi, che mediamente vanno in pensione a 59,3 anni, e abbiamo in parte già agganciato i tedeschi, che lasciano a 61,7 anni. Una tappa che bruceremo ben presto. Va ricordato che quest’anno vanno in pensione di vecchiaia donne che nel 2011 hanno compiuto 60 anni (le lavoratrici del settore privato) e uomini che ne hanno compiuti 65. La riforma Fornero, che inizierà ad essere operativa dal 2013, ha eliminato la finestra scorrevole, ma innalzato drasticamente le soglie anagrafiche.

Il prossimo anno i lavoratori dipendenti, quelli autonomi e le lavoratrici del pubblico impiego potranno andare in pensione di vecchiaia solo se avranno 66 anni e 3 mesi, mentre le lavoratrici del privato dovranno avere raggiunto i 62 anni e 3 mesi e le autonome i 63 anni e 9 mesi. Il requisito anagrafico continuerà a salire fino ad arrivare a quota 69 anni e 9 mesi nel 2050. Nel 2018 si arriverà alla parità tra uomini e donne, privati e pubblici: andranno tutti in pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi. La riforma Fornero ha inasprito anche i requisiti per la pensione di anzianità: 42 anni e un mese di contributi per gli uomini, 41,1 per le donne contro i 40 attuali.

«Tutte le riforme hanno funzionato», commenta Antonio Mastrapasqua. Molto soddisfatto anche l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: «I dati relativi all’innalzamento dell’età di pensione e alla conseguente riduzione delle pensioni di anzianità contributiva costituiscono la prova provata dell’efficacia delle riforme prodotte dal governo Berlusconi in termini di sostenibilità del sistema previdenziale e di equità in termini di graduale cambiamento dei requisiti di accesso».
Olivia Posani