di Alessandro Farruggia

Taranto, 13 agosto 2012 - «Una cosa è certa: il governo non starà a guardare. Siamo assolutamente determinati a mandare avanti il programma di risanamento ambientale, che non prevede la chiusura dell’impianto Ilva di Taranto».
Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha appena sentito il premier Monti, e la linea è chiara: l’esecutivo non porgerà l’altra guancia.

Ministro Clini, è rimasto sorpreso della nuova ordinanza del gip?
«Sono rimasto sorpreso del fatto che il gip abbia insistito nella sua linea nonostante fosse in atto una iniziativa da parte delle autorità competenti per il risanamento del sito, oltretutto attuata anticipando i tempi previsti dalle direttive europee. Diciamolo: l’iniziativa del gip è una iniziativa di rottura non contro l’Ilva, ma contro il governo».

Nel senso?
«Che rischia di creare una confusione su chi ha la responsabilità in Italia ad autorizzare impianti industriali e a controllarne l’esercizio. E questo non è questione da poco, perchè negli altri paesi europei la responsabilità è chiara. E non avviene che un magistrato interviene nel merito dell’esercizio delle funzioni dell’autorità competente, nel nostro caso il ministero dell’Ambiente, a meno che non sospetti che l’autorità commetta un reato. Cosa che può essere, naturalmente. Ma allora delle due l’una: o ritengono che stiamo facendo carte false per aiutare l’Ilva e allora devono mandarci, a me compreso, un avviso di garanzia oppure o ci si lascia lavorare per il risanamento dell’impianto».

Vuol dire che il rischio è che questo intervento comprometta la credibilità dell’Italia come paese nel quale fare impresa?
«E’ così. Un investitore che arriva in Italia chiede regole chiare. Il 4 agosto 2011 il mio ministero ha rilasciato all’Ilva l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che consente l’esercizio degli impianti a condizione che sia rispettate una serie di misure di prevenzione, e l’Ilva ha fatto ricorso osservando che alcune delle prescizioni erano più severe delle norme nazionali. Non basta. Il 12 marzo ho riaperto l’Aia per adeguarla, ben prima del 2016 richiesto dal’Ue, alle nuove prescrizioni europee, e l’Ilva ha presentato ancora ricorso. Ho chiesto al presidente dell’Ilva di ritirare i ricorsi e ci sono riuscito, avviando assime alla regione Puglia e all’azienda un percorso condiviso. E ora arriva il gip e di fatto mi sconfessa».

Forse il gip non credeva alla bontà del percorso avviato...
«Che mi convocasse, ero pronto a fornire ogni informazione. Ma nessuno lo ha fatto. Ora, il problema non è solo che questa azione giudiziaria possa convincere la famiglia Riva a disimpegnarsi, dopodichè a Taranto perderemmo undicimila posti di lavoro e salterebbe il piano di bonifica, trasformando il sito in un altro monumento all’inquinamento. Il rischio è che si avrebbero danni all’intero comparto della siderurgia italiana e all’intera economia italiana. Perchè chi verrebbe più a investire da noi se un gip può sconfessare il ministero competente?».

Ma il Gip sembra preoccuparsi solo dell’Ilva, non degli effetti sull’economia della sua decisione.
«Guardi, mi rendo contro che il confronto può essere rude, perchè in genere i politici sono abituati fare dichiarazioni del tenore: ho fiducia nell’operato della magistratura. Ma io non sono ipocrita. E devo dire che prendo l’iniziativa della magistratura per quello che è: una iniziativa a prescindere. Sono convinto che la soluzione migliore sia il dialogo e per questo ho chiesto un incontro al Procuratore della Repubblica di Taranto. Dopodichè se il dialogo risulterà impossibile, allora, come hanno detto Bersani, Alfano e Casini, cioè i leader che sostengono questa maggioranza, bisognerà fare chiarezza».