di Massimo Degli Esposti

Milano, 17 agosto 2012 - Una «golden share» a Berlino sulla Bce. O meglio, un «diritto di veto». Lo vorrebbero i falchi tedeschi che ieri hanno attaccato frontalmente il presidente Mario Draghi accusandolo di aver trasformato l’istituto di Francoforte in una «bad bank», che finanzia i debiti dei Paesi deboli dell’Eurozona a spese dei virtuosi contribuenti tedeschi, esposti al rischio per «mille miliardi di euro». La polemica, che già covava sottotraccia da giorni, è esplosa ieri proprio mentre la voce dell’imminente erogazione dei 100 miliardi di aiuti alle banche spagnole infiammava le Borse (soprattutto Madrid +4,05 e Milano +1,86) e consentiva agli spread di Italia e Spagna di scendere verso i minimi delle ultime settimane (rispettivamente a 424 e 495 punti).

L’attacco a Draghi porta la firma di due influenti politici della maggioranza, Klaus-Peter Willsch (Cdu) e Frank Schaeffler (Fdp). Sostengono l’urgenza di riformare la Banca centrale europea perché è «intollerabile» che il voto tedesco valga «come quello di Cirpo o Malta».

La governance Bce prevede sei membri del Comitato esecutivo (tra cui il tedesco Joerg Asmmussen) a cui si aggiungono, nel massimo organo decisionale, il Consiglio direttivo, i 17 governatori dei Paesi dell’Eurozona. Finora la campagna contro Draghi, definito «banchiere all’italiana», si era limitata a qualche giornale supportato dai più intransigenti uomini della Bundesbank. «È necessario un riequilibrio dei voti ponderati in tutti i consessi decisionali della Bce in base alla quota di responsabilità», ha però tagliato corto ieri Willsch intervistato dall’edizione online di Handelsblatt. Quindi «la Germania in quanto principale creditore deve avere un diritto di veto in ogni questione». Sulla stessa linea il liberlademocratico Schaeffler. «Le regole formalmente sono in vigore, in pratica però sono distrutte fino ad essere irriconoscibili», ha detto sempre allHandelsblatt. Posizioni dalle quali si è dissociata nettamente la cancelliera Angela Merkel ieri sera parlando dal Canada: «I commenti di Draghi sono completamente in linea con ciò che la Germania ha detto per tutto il tempo».

Anche per il capogruppo della Cdu al Bundestag Michael Meister «al momento non si pone la questione di una modifica dello statuto della Bce». «Non porta a nulla nell’attuale situazione di stabilizzazione dell’euro — ha aggiunto — aprire un altro campo di battaglia». Oltre alle spaccature interne alla maggioranza, Merkel si è ritrovata inoltre sul tavolo lo spinoso dossier ellenico. Secondo il Financial Times, il premier greco Antonis Samaras intende chiedere a Berlino due anni di tempo in più per effettuare i nuovi tagli alla spesa da 11,5 miliardi concordati con i partner dell’Eurozona, prorogando la scadenza dal 2014 al 2016. Fonti di Atene hanno poi smentito, ma la Merkel aveva gia risposto picche. Samaras incontrerà il cancelliere la settimana prossima. Il 6 settembre la Bce terrà la consueta riunione mensile nella quale Draghi dovrebbe alzare il velo sull’intervento dell’Istituto centrale sui mercati.