dall’inviato


Lorenzo Sani
Rimini
ANCHE

il super ministro Corrado Passera vede la luce in fondo al tunnel della crisi. «Ma dipende da noi», ha puntualizzato al Meeting di Rimini, smorzando la ventata di ottimismo portata il giorno precedente dal premier Mario Monti. Al fianco di Passera siede l’ad di Trenitalia, Mauro Moretti, che poco dopo invocherà «le manette per gli evasori fiscali, come accade negli Usa e nelle più evolute democrazie europee». L’idea stuzzica l’esecutivo, certo. Ma è difficile ipotizzare un giro di vite tanto drastico anche se, dirà poi Passera, «sulla giustizia fiscale non c’è stata l’attenzione che meriterebbe».
Guardando al Paese («Abbiamo evitato il commissariamento grazie all’unità di tutti: governo, forze politiche, parti sociali»), sono più le cose che non vanno di quelle che funzionano. Le tasse, per esempio: «Abbiamo uno dei più alti livelli di tassazione al mondo. Questa è una zavorra insopportabile che dobbiamo trovare il modo di correggere». L’ex numero uno delle Poste e Banca Intesa (sponsor del Meeting) dice anche che qualcosa fa più paura dello spread: «Il problema principale è la crisi della produttività. Il ritardo che abbiamo accumulato può avere effetti molto più gravi della crescita dello spread. Questo è un tema di competenza delle parti sociali che hanno mille leve per intervenire e dobbiamo capire se dalla prossima stagione contrattuale c’è la voglia di fare quell’esercizio, magari doloroso, che la Germania ha fatto 10 anni fa e con cui si è salvata».

SUL TEMA


della crescita, il ministro ha pochi dubbi. Cosa c’è peggio della Prima Repubblica, travolta dalle manette di Tangentopoli? Risposta lineare: la Seconda Repubblica: «La situazione che dobbiamo affrontare è un po’ peggio di quello che ci si potrebbe immaginare ed è l’eredità degli ultimi 20 anni: ci siamo divorati una serie di risorse che se avessimo utilizzato avremmo lo spread a zero».
Ecco lo specchio del dissesto italiano, secondo il ministro: «Ci siamo divorati 500 milioni dalle privatizzazioni, dalla vendita delle frequenze e dalla cessione di immobili che avrebbero portato il rapporto debito-Pil all’80% e non al 120% attuale. Inoltre, ci siamo giocati il dividendo dell’euro e sacrificato quasi tutti gli investimenti in conto capitale: è più facile tagliare gli investimenti che toccare la spesa corrente considerata un bene primario, ma in questo modo ci si gioca il futuro. Lo Stato non ha costruito futuro per le nuove generazioni». Nel conto c’è anche l’evasione fiscale. Che Paese sarebbe l’Italia se ci fosse stato un deciso contrasto all’evasione? «Considerando solo 100 miliardi recuperati all’anno, per 20 anni sono 2000 miliardi…». Sul tema della produttività, Passera ha inoltre ricordato che «eravamo in vantaggio, venti anni fa, rispetto all’Europa e ora siamo sotto di otto punti. Se non recuperiamo su questo terreno non basta andare a recuperare a livello finanziario».

PER IL FUTURO


immediato Passera auspica che «l’azione corale avviata dal governo Monti continui a prescindere dal risultato delle prossime elezioni» e che uno degli «obiettivi politici, sia quello di ridurre le tasse dei cittadini e delle imprese che le pagano, facendole innanzitutto pagare a chi non le paga. Il grande lavoro di recupero dell’evasione e sulla spending review va nella direzione di compiere, appena possibile, un passo per ridurre la fiscalità».