Carbonia Iglesias, 1 settembre 2012 - NON SI FIDANO della politica. Troppe promesse non mantenute, troppi rinvii e bla bla bla. «Ci raccontano che daranno un anno di proroga, cioè un anno di chemioterapia per il malato terminale» commenta amara Giuliana. Minatrice garbata, cordiale, determinata. Sul piazzale della Carbosulcis ancora nessuno sa che l’incontro a Roma tra i loro rappresentanti e il ministro Passera ha portato qualche novità. Lei però ha una certezza: «Potete scommettere che questa protesta non finirà senza una soluzione vera». Le barricate non la spaventano come non è mai stata intimorita dal lavoro del carbone: duro, ‘maschile’, pericoloso. «Sopra o sotto terra cambia poco — confida, schietta — contano la competenza, la perizia, la professionalità».

Come Giuliana gli altri 462 operai di Nuraxi Figus si preparano a una lunga battaglia, asserragliati a turno nei cunicoli a 373 metri di profondità , pronti a passarvi la sesta notte con 700 chili di esplosivo e un migliaio di detonatori. Il piano della Regione Sardegna, proprietaria dell’impianto, sbatte contro le indisponibilità finanziarie dello Stato, secondo le valutazioni del governo. Comprensibile che le proposte romane di ieri siano valutate con cautela: «Forse un passo avanti è stato fatto, ma bisogna valutare con attenzione i particolari» ammette Stefano Meletti, il delegato sindacale che, colto da disperazione, si è ferito ad un braccio con un gesto di autolesionismo. E’ tornato subito lì, in miniera, tra la sua gente: «Sarà l’assemblea a decidere cosa fare». Intanto i cancelli degli ingressi secondari ai pozzi sono stati saldati ieri mattina, in modo che l’accesso alla miniera sia uno solo, presidiato da loro. E un lungo incontro con i dipendenti della Alcoa e delle altre aziende a rischio ha testimoniato l’angoscia di una Sardegna che affonda in una crisi senza precedenti, con il 20% delle famiglie al di sotto della soglia di povertà e una disoccupazione giovanile al 42%. Le loro invocazioni mescolano rabbia, disperazione, sogni, ansia. Negli occhi dei minatori qualcosa difficile da spiegare a un mondo dove, per lavorare, non serve il coraggio di scendere ogni giorno nella profondità della terra, al buio, con molto caldo e poca aria. Un mestiere antico, che evoca tragedie. «Il carbone è la mia vita» urlano i minatori delle Asturie che si scagliano contro i tagli del governo spagnolo. «Resteremo barricati fino a quando la Camera non verrà convocata per affrontare l’argomento» minacciano alla Carbosulcis. E ricordano le tre occupazioni degli ultimi trent’anni: nel 1995 durò cento giorni.

EPPURE l’attività estrattiva servirebbe ancora in un paese che avrebbe bisogno come il pane delle sue materie prime, in un’Italia dove le aziende pagano l’energia il 35,6% in più delle concorrenti europee, dove si mantengono sui carburanti le accise per la guerra d’Etiopia e si affida la regolamentazione delle attività estrattive addirittura a una legge del 1927. Lo spread non è solo finanziario, è anche questo.

dall'inviato Mario Fornasari