P.F. De Robertis

ROMA, 2 settembre 2012 - Professor Parisi, il Pd si appresta a celebrare le più importanti e incerte primarie della propria breve storia e lei che delle primarie è sempre stato un sostenitore storce il naso.
«Ho manifestato il mio scetticismo sulla possibilità che la parola primarie corrisponda a quello che i cittadini si attendono da questo termine: la designazione del candidato premier. Lo dico come ulivista, pensando alla fatica con cui ci furono concesse. Ho paura che anche le prossime primarie siano troppo lontane da quelle, per esempio, che si sono celebrate pochi mesi fa in America».

Cosa non la convince?
«Tre cose».

Le elenchi.
«Innanzitutto di primarie per adesso abbiamo solo sentito parlare. Se si faranno sarà in dicembre, a due mesi dalla campagna elettorale, il rischio è che diventino solo una manifestazione di inizio della campagna finale».

La seconda?
«Mentre noi immaginiamo primarie per scegliere il candidato premier, intanto si lavora a una legge elettorale di stampo proporzionalista, perché dalle elezioni non esca nessun premier designato».

Terzo?
«Sento annunciare una competizione che vede in campo il Pd in quanto tale. Quando Bersani dice che il candidato del Pd è il segretario dice che il Partito e tutto il gruppo dirigente deve schierarsi con lui».

Ma questo sta nello statuto, non è Bersani che lo dice.
«Nello Statuto del Pd. Ma se le primarie sono di coalizione dovrebbe essere la coalizione a indirle. Peccato che la coalizione non esista».

Casini dice: se vince Renzi il Pd si spacca.
«Casini ha usato lo stesso termine che avevo usato io commentando l’ultimo annuncio delle primarie: sarebbe un big bang. E come chiamerebbe a poche settimane dalle elezioni una sfiducia al segretario, e la sconfitta del partito?».

Nella gara tra Renzi e Bersani lei con chi sta?
«Certamente non con Bersani. E nonostante lo stimi come pochi e come pochi mi stia simpatico. Ma Bersani non chiede un voto per Bersani, ma per la ‘ditta’».

Renzi le piace?
«Gli riconosco il coraggio di avere alzato la mano controvento e di aver iniziato un discorso. Attendo tuttavia anche di sentirglielo concludere... Non credo basti la contrapposizione tra rottamatori e usato sicuro».

Quindi gli ulivisti non staranno né con Renzi nè con Bersani?
«Parlo per me. Sento anche di altre candidature, perfino troppe. Cominciando da Vendola».

Gli ulivisti e Parisi scenderanno in campo con una propria candidatura?
«Penso che la prima battaglia sia perchè la gara sia vera e aperta».

Crede davvero che sarà una corsa falsata?
«Le gare vere sono quando è vero il fine, cosa che qui ancora non vedo. Torno al discorso sulla legge elettorale fatto poc’anzi».

Ma almeno l’esito stavolta non è scontato. Basta vedere il timore di Bersani...
«A fare vere le primarie non basta la paura. Anzi. Oltre che nei fini devono essere vere anche nei mezzi: se lo squilibrio tra i competitori fosse eccessivo sarebbe solo un teatrino».

Veniamo alle varie proposte di legge elettorale? C’è qualcuna che le piace?
«Dietro i dettagli la sostanza è già chiara: l’obiettivo è tornare a un impianto proporzionale, così che dal voto non uscirà una maggioranza chiara e un premier certo».

Perché il Pd ha accettato?
«Perchè era questo il vero obiettivo del gruppo dirigente, a partire da D’Alema. Restaurare la democrazia dei partiti nella sua pienezza. Come al bel tempo antico. Obiettivo legittimo. A mio parere opposto alle necessità del Paese».

E il Pdl perché ha detto si?
«Berlusconi s’è fatto passare per riformatore fin che gli è convenuto. Ora s’accontenta di difendere la sua porzione».