ROMA, 11 settembre 2012  - SPRECHI e mancati introiti: la ricerca non è immune e il ministro Francesco Profumo non perde occasione per ricordarlo. «Quando vado in Europa mi sento mortificato». Il responsabile dell’Istruzione ha scelto la platea bolognese del convegno sul progetto «Smart Cities», per lanciare l’ultimo affondo. Nel mirino il settore della ricerca e i 12 presidenti degli enti che dipendono dal Ministero protagonisti di appassionate «rivolte» preagostane contro la spending review e i relativi tagli. Profumo li ha visti nei giorni della spending, li ha reincontrati qualche giorno fa e li vedrà di nuovo. I vertici saranno «periodici» sulla via del risparmio condiviso.
Il patto è questo e il ministro non intende derogare. Perché, e l’ha detto e ripetuto in questi mesi e quasi gridato ieri a Bologna, «negli ultimi anni l’Italia ha perso 500 milioni di euro all’anno. In Europa siamo al 26°posto come capacità di spesa dei fondi per la coesione e al 27°per la qualità di spesa». E tutto ciò, ha sottolineato, anche perché in Italia «esiste ancora la logica dei mille campanili» rispetto agli altri Paesi Ue.
Cinquecento milioni l’anno sono una cifra di tutto rispetto. Soldi che «non rientrano» in Italia. Per ogni euro che diamo all’Europa nell’ambito dei programmi comunitari, le nostre aziende e istituzioni portano indietro 60 centesimi. Gli inglesi ne ricavano un euro e 40 centesimi, gli olandesi 1,3 e così i belgi, gli austriaci 1,4. Si parla del differenziale tra quanto investiamo, il 14,4% e quanto ci ritorna che è pari all’8,5%. In prospettiva questa perdita, se le cose non cambieranno, è destinata ad aumentare: si arriverà a 800/900 milioni di euro l’anno con Horizon 2020, il nuovo sistema di finanziamento integrato destinato alle attività di ricerca dal 2014 al 2020.

IL PRIMOpunto del Ministro è quindi il riallineamento delle politiche italiane, regionali ed europee. L’obiettivo è creare un percorso capace di coniugare ricerca e sviluppo perchè creare un prototipo è una cosa, commercializzarlo un’altra. L’innovazione deve tracciare il sentiero verso il futuro e passare anche attraverso il concetto di squadra. Troppi personalismi favoriscono gli altri Paesi e gli sprechi non aiutano. Un esempio: il Cnr ha 440 sedi e alcune di queste funzionano con tre ricercatori. L’ente paga 20 milioni di affitti solo per coprire le postazioni a Roma. Razionalizzare, rivedere, consorziare. Tante le anomalie del sistema ricerca. Come l’Istituto italiano di studi germanici di Roma che è affidato alla supervisione del Ministero della Ricerca. Oppure la Stazione zoologica Antonio Dohrn di Napoli per la quale, inutilmente, si è ipotizzato da anni un accorpamento col Cnr. O l’invito rivolto, in via confidenziale, a molti ricercatori a non accettare incarichi di coordinamento di progetti internazionali: troppe responsabilità e poca gestione pratica. C’è persino un progetto europeo che la Ue vorrebbe affidare all’Italia. Ma non ci riesce: la burocrazia blocca tutto.
 

di Silvia Mastrantonio