Veronica Passeri
ROMA
PRIMARIE

«aperte ma non al centrodestra»: insomma «non voglio trovarmi Batman a votare». Parola di Pier Luigi Bersani che si assume anche il rischio di sembrare ‘stalinista’ pur di arginare qualsiasi inquinamento della competizione da parte di elettori del fronte avverso. Servono delle regole per la «ditta», ammonisce, inutile che lo staff di Renzi si opponga all’idea di un albo per i votanti. Per Roberto Reggi, responsabile della campagna per le primarie del sindaco di Firenze, l’idea del registro è, infatti, solo una scusa per mettere un bastone tra le ruote a Renzi, per ‘fregarlo’. Ma detto questo «Bersani non è da rottamare. Se vinciamo noi ci sarà un suo coinvolgimento nel nostro progetto, se gli interessa».

INTANTO

il segretario parla alla scuola politica del partito a Cortona e torna sul conflitto tra generazioni posto da Renzi: «Per rinnovare non c’è bisogno di rottamare», dice mentre ancora si gode la scelta del team per le primarie. Tutti giovani, tutti sotto i 40. Ma nel partito non sono archiviati i timori e le preoccupazioni per il rischio che le primarie diventino una resa dei conti interna.
A prendere la parola è stato ieri l’ex segretario Walter Veltroni, da mesi molto defilato sull’argomento, spiegando che «bisogna stare attenti perché il rischio di farsi male da soli è molto forte», prima ancora della competizione per la leadership è necessario «guardare al Pd e poi a tutto il resto, prima al Paese e poi a tutto il resto».

AL PD


sono giunte raccomandazioni e appelli anche da parte degli altri due co-protagonisti della famosa ‘foto di Vasto’, Di Pietro e Vendola. Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, ricompattato il partito su una linea più dialogante e lontana da tentazioni grilline («protestare e basta non serve»), ha offerto più d’un ramoscello d’ulivo agli alleati di un tempo. In nome di una «coalizione di forze riformiste e di centrosinistra» Tonino si è detto pronto a fare anche «qualche passo indietro» ma Bersani «deve dire con chi sta» e ‘mollare’ i centristi. Quelli dell’Udc che, per dirla con Vendola, «hanno impedito all’Italia di fare i conti con la modernità». Resta inteso che per Vendola (e fondamentalmente anche per Di Pietro) la «coalizione c’è se capovolge l’agenda di Monti»: un po’ poco, forse, la posizione di Bersani che vuole solo arricchirla con «più diritti».

AD OGNI

modo la prima risposta del segretario a Di Pietro è quantomeno attendista: «Di passi indietro di Di Pietro ne ho visti molti, nell’ultimo anno fin troppi, quasi non si è più fatto vedere all’orizzonte». E Di Pietro: «No, noi facciamo tre passi avanti». Come andrà a finire? Secondo Pippo Civati siamo nell’ottica di molto rumore per nulla perché «entro Natale Di Pietro lo riprendiamo». Intanto ieri proprio dal palco della festa dell’Idv un democratico di lungo corso come Vasco Errani ha messo sul tavolo una delle questioni ‘più spinose’, il rapporto con Napolitano. Per il Pd il rispetto ‘pieno’ verso il Capo dello Stato non deve mai venire meno. Di Pietro dopo mesi di attacchi ha smorzato: «Mai voluto offendere il presidente».