Stefano Grassi
 

ROMA, 27 settembre 2012 - «ALTROche dimissioni, la Polverini oggi (ieri per chi legge, ndr) ha convocato la Giunta e nominato nuovi direttori generali, tra cui due già sospesi dal Tar, ovvero Giuliano Bologna (di cui non sono indicati nè curriculum, nè retribuzione), e Raffaele Marra (155.294,23 euro l’anno). Ma la Polverini non s’era dimessa? Cosa sta succedendo?». Il Verde Angelo Bonelli sbotta contro la Governatrice che annuncia all’universo mondo le sue dimissioni ma si guarda bene dal comunicarlo ai suoi interlocutori istituzionali, cioè i consiglieri regionali del Lazio.
E se la prende anche con il presidente dell’assemblea di via della Pisana, Mario Abbruzzese, che invece di tenere riunita l’assemblea in un momento così delicato ha sospeso con un telegramma la riunione già convocata per ieri pomeriggio con la sfiducia alla Polverini all’Odg. «Il presidente convochi ’ad horas’ il consiglio — dice ancora Bonelli — e pretenda la presenza della Polverini per confermare le dimissioni».


«È VENUTAmeno la ragione stessa della riunione — spiega Abbruzzese — ora non posso fare altro che aspettare la lettera di dimissioni formali per decretare lo scioglimento dell’assemblea».
Ma i consiglieri regionali radicali Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo invece insistono: «A norma di statuto il Consiglio è ancora nel pieno delle sue funzioni. Chiediamo con forza che venga convocato per votare in 15 minuti tre provvedimenti urgenti: la legge sull’Anagrafe Pubblica degli Eletti, l’abolizione dei vitalizi e l’abrogazione dei contributi ai gruppi. Se la Presidente Polverini si rifiuta ne porterà per intero la responsabilità politica». Ma Renata Polverini, uscendo dalla Conferenza delle Regioni, si trincera dietro un oscuro ragionamento: «Stiamo valutando i tempi con il ministro Cancellieri. Prima voglio ridurre il numero degli assessori però. Un giorno in più o in meno, ormai cambia poco». Tallonata da cronisti e telecamere, Polverini viene sfiorata dalla sua auto blu che avanza per farla salire. Al che si gira verso i cronisti e fa: «Se pensate che mi farò mettere sotto, avete sbagliato. Basta. L’importante è mandare a casa tutti quei cialtroni».

IL PROBLEMA VERO, su cui si è scatenata la battaglia, sottotraccia ma violenta, è in realtà sulla data del ritorno alle urne, che va fissata entro 90 giorni dalle dimissioni. Considerando i 45 giorni per la campagna elettorale, il voto potrebbe cadere tra novembre e febbraio. La governatrice e l’esecutivo vogliono dunque procrastinare le dimissioni per far votare il Lazio con un election day ad aprile, mentre l’opposizione preme per votare subito.
Costerebbe di più, ma senza anticipare le urne l’attuale Consiglio regionale degli scandali resterebbe in carica altri sei mesi. Con un costo per i contribuenti di oltre 50 milioni di euro in emolumenti e contributi per Fiorito & c.