PIACENZA , 30 settembre 2012 - IL MIO COMPAGNO di classe... fuoriclasse. Così esordisce Anna Botti, avvocato, quando le chiediamo di parlarci di Pier Luigi Bersani. I suoi occhi si illuminano di entusiasmo, perché è vero che tornare con la mente all’adolescenza è un po’ come aprire una scatola magica, ma la sensazione è che ci sia qualcosa di più, qualcosa di speciale in quegli anni che hanno cambiato l’Italia, non solo segnato il cammino di una generazione.
Anna e Pier Luigi li hanno trascorsi al Liceo Classico ‘Melchiorre Gioia’ di Piacenza, nella sezione C, quella che accoglieva anche gli studenti che provenivano dalla campagna e dai paesi dell’Appennino, ragazzi che magari si svegliavano prima delle 6 per raggiungere Piacenza con la littorina, o la corriera (come il nostro).
«Già allora il Bersani spiccava per la sua intelligenza, aveva voti altissimi in italiano, latino, greco, storia, filosofia; per alti intendo 9 o 10. Emergeva su tutti, ancora oggi ho la convinzione che la classe ruotasse intorno a lui». Conferma Piero Mozzi, il medico naturopata che ha inventato la dieta del gruppo sanguigno.
«Era un ragazzo dalle grandi doti, riusciva in tutte le materie, ad eccezione di educazione fisica».
Cinque anni insieme, dal 1965 al 1970. A scuola si andava in giacca e cravatta. Pare un mondo arcaico, non solo a causa dell’abbigliamento. Poi è arrivata l’onda travolgente del Sessantotto «e a Piacenza, che ha sempre risentito dell’influenza di Milano, forse l’abbiamo sentita un po’ prima che in altre città italiane», osserva il piacentino Giovanni Rossi, segretario aggiunto della Fnsi, il sindacato dei giornalisti. Gli episodi legati a quegli anni sono infiniti, rammenta Anna Botti.

«RICORDO quando partimmo con la classe per Firenze, nel novembre 1966: eravamo i famosi ‘Angeli del Fango’ e incontrammo ragazzi che arrivavano da tutto il mondo come volontari per salvare le opere d’arte dall’alluvione. Anche in quella circostanza tragica, ma al tempo stesso ricchissima di umanità, Pier Luigi riusciva a imporre il proprio carisma. Non poteva certo passare inosservato: era un ragazzo bellissimo, anche se aveva soltanto 15 anni, alto, con la battuta pronta e una incredibile somiglianza con Sean Connery...».
Anni di turbamenti, di riflessioni profonde che punteggiavano il viaggio verso l’ignoto rappresentato dalla crescita.
«Al di là delle idee politiche che cominciava a manifestare, il Bersani aveva una religiosità assoluta. Del resto non è stravagante; la sua formazione è cattolica, i genitori erano molto religiosi. Parlavamo moltissimo, per ore e ore», sorride con dolcezza Anna. «Ho ancora impressa una frase che disse l’estate della prima liceo, al culmine di una di quelle digressioni esistenziali così tipiche dell’età e delle persone sensibili: alla fine di tutto, mi disse Pier Luigi, è molto difficile non avere fede».
Tra gli aneddoti legati agli anni del liceo, oltre allo «sciopero che Bersani fece da solo», c’è sicuramente quello del doppio compito in classe.
«Vedendolo con le braccia conserte, mentre tutti noi eravamo chini sui nostri fogli da protocollo, l’insegnante del ginna-sio, la professoressa. Lucilla Barbieri, la stessa che un giorno, di fronte a tutti, disse se avesse avuto mai un figlio, lo avrebbe voluto come lui, gli chiese che cosa stesse aspettando. ‘Perché non lavori’, gli domandò. ‘Hai per caso finito?’
‘Sì’, le rispose Pier Luigi. La prof accusò il colpo, poi lo sfidò. ‘Ne vuoi un altro?’ Bersani sorrise. ‘Certo’, rispose...

E FECE davvero due compiti in classe. Ma non c’era spocchia nel suo modo di essere, casomai un persistente senso di sfida verso i docenti e quello che rappresentavano, soprattutto con la Calderini, la prof di greco e latino, bravissima, ma tremenda».
Anna Botti ricorda che Bersani le ‘scioperò’ contro e che lei, di conseguenza, convocò suo padre Giuseppe.
«La madre di Pier Luigi mi raccontò che quando tornò a Bettola dal colloquio con l’insegnante il papà minacciò di ritirarlo da scuola, se non avesse messo la testa a posto. E mi disse anche che lui prese molto sul serio la minaccia, perché gli vennero i lacrimoni».
(2 - continua)