Roma, 1 ottobre 2012 - Dopo lo scandalo delle Regioni, partito dal Laziogate, e in tempi di tagli ai costi della politica, si torna a parlare di soppressione delle Province.

I CONTI DI CONFESERCENTI  - Dalla soppressione totale delle Province deriverebbero risparmi di spesa stimabili, nell’immediato, in circa 4,5 miliardi, sostiene la Confesercenti, secondo cui “la soppressione generalizzata delle Province, sarebbe, paradossalmente, di più facile attuazione e più logica e razionale nella sua attuazione”.

I risparmi attorno ai 4,5 miliardi di euro, afferma la Confesercenti, sarebbero concentrati nel comparto dei consumi intermedi e, indirettamente, nei drastici tagli agli organismi partecipati dalle Province e nel ridimensionamento degli organi territoriali rappresentativi dello Stato centrale.

A tali risparmi, prosegue la Confesercenti, si aggiungerebbero, negli anni (una decina, tenendo conto del turnover), quelli derivanti dalla mancata (o ridotta) assunzione di nuovo personale da parte della Pubblica Amministrazione, per effetto dell’utilizzo dei dipendenti delle soppresse Province.

L'ITER DI RIORDINO - L’iter di riordino delle province è già in affanno. Domani maturerà il primo dei termini assegnati alle autonomie locali per rendere operativo quanto stabilito dal decreto sulla ‘spending review’. Ma c’è chi “rimarrà deluso”: il riordino (che dovrebbe sopprimere 64 province, di cui circa la metà risorgerebbero sotto altre spoglie) lancia l’allarme la Confesercenti, è messo in discussione da un fronte contenzioso aperto da 17 amministrazioni locali, tra province e regioni. Un fronte, prosegue l’associazione che, peraltro, “si salda con i non sopiti tentativi di rivedere il riordino per via politica, prospettando esenzioni ed eccezioni a fronte di pretese specificità territoriali”.

Meglio sarebbe, “procedere a un’abolizione in toto delle province, il cui disavanzo di circa 500 milioni di euro corrisponde al 12% del disavanzo complessivo delle amministrazioni locali. Ridistribuendo personale e funzioni svolte tra comuni e regioni, l’abolizione delle province porterebbe a un risparmio di spesa immediato stimabile in 4,5 miliardi, concentrato nel taglio degli stipendi dei 3.853 politici, che ci costano 434 milioni di euro (in media 115mila euro ciascuno), nel comparto dei consumi intermedi e, indirettamente, nei drastici tagli ai 1.045 organismi partecipati dalle province”.

Altri “ingenti risparmi si potrebbero realizzare attraverso un graduale riassorbimento dei 63.000 dipendenti provinciali, che attualmente pesano per 2,3 miliardi annui, nella pubblica amministrazione, per mezzo del blocco del turnover e di mancate o ridotte nuove assunzioni”.