ROMA
«IL MESSAGGIO
chiaro e limpido è quello fornito dalla Ferrari, la nostra unica priorità è far ritornare i marò e quindi tutto quel che facciamo, quel diciamo o non diciamo deve avere questa come priorità. E adesso non servono sovraesposizioni». A microfoni spenti commentano così alla Farnesina la nuova delicata fase nella quale è entrata — nove mesi dopo l’incidente — la vicenda marò. Basso profilo senza però essere silenziosi (la prova è che la bandiera sulla Ferrari ci sarà) è la linea scelta.
Le aspettative infatti restano alte pur se dopo una lunga serie di docce fredde e porte sbattute in faccia seguite a segnali di apertura e disponibilità nessuno si fa illusioni. Lo stesso ambasciatore indiano in Italia Dababrata Saha, contattato informalmente dai nostri diplomatici, ha promesso attenzione ma non ha potuto garantire alcunchè e ha invitato a rispettare «i tempi della giustizia». Il che, visti i mesi trascorsi, è alquanto discutibile.

SI ATTENDE


in una data variabile dal 6 al 23 di novembre il giudizio della Corte Suprema e si vuole e evitare di provocare la magistratura indiana. Anche il sistema giudiziario è infatti piuttosto sensibile alle influenze della politica e forse proprio per questo reclama una sua indipendenza formale. Segnali sì quindi (ma la Ferrari è stata invitata, suggerimento recepito, ad evitare il fiocco giallo sulla bandiera della Marina militare) ma senza esagerare. «La Ferrari è una eccellenza — si osserva — così la Marina. E i marò sono una eccellenza nell’eccellenza. E il messaggio è che noi siamo fieri delle nostre eccellenze».
Certo è che la Farnesina, d’intesa con la Difesa (sul tema marò c’è una consultazione diretta tra i ministriTerzi e Di Paola) si è anche preparata una pragmatica via di fuga. Che nessuno vorrebbe usare ma che è essenziale che ci sia.
Giovedì l’aula del Senato ha infatti ratificato in via definitiva, il trattato con l’India sulla possibilità che i detenuti di entrambi i paesi, condannati ad una pena, possano scontarla nel proprio paese d’origine. Il provvedimento dovrebbe agevolare la vicenda dei due marò, ma non solo. La questione non è infatti solo nel nostro interesse, anzi: sono ben 108 i cittadini indiani detenuti nelle carceri italiane a fronte dei 18 italiani nelle carceri indiane. «È bene avere questo accordo in mano — ha detto in aula il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura — nel caso in cui la Corte suprema, sulla quale noi facciamo molto affidamento, non decida in favore del ritorno dei nostri marò».
Alessandro Farruggia