ROMA
SICILIA DOCET:
un centrosinistra non sbilanciato a sinistra vince. No, la Sicilia è un caso particolare e il cartello Pd-Udc non può essere ‘esportato’ altrove né considerato un laboratorio politico per l’Italia. Un minuto dopo la vittoria di Rosario Crocetta Pier Luigi Bersani si trova stretto tra due fuochi. Da una parte il pressing dei moderati del partito, dell’area liberal, dei cattolici ex popolari, dei montiani per riequilibrare al centro le alleanze, dall’altra quelli di Sel che di Udc non vogliono sentire parlare. Il neo governatore Rosario Crocetta si rivolge a Bersani per ribadire che «l’esperienza dell’alleanza e del governo con l’Udc vale la pena di essere fatta» e che l’Udc «non è più quella di Cuffaro, non c’entra niente». Magari si potrebbe allargare anche «a Idv e Sel che hanno condotto una battaglia per distruggersi». Nichi Vendola però resta nettamente contrario a un avvicinamento all’Udc. Del resto, osserva, «non si può rottamare D’Alema e riciclare Casini». E che dire dell’agenda Monti? Bisogna passare oltre. Bersani da tempo ha fatto la sua scelta: organizzare prima «il campo dei progressisti» — con Vendola quindi — e valutare ‘poi’ alleanze con i centristi. Ma gli appelli delle ultime ore hanno innescato una riflessione ulteriore. Tra l’altro proprio ieri ha avuto modo di parlare con Pier Ferdinando Casini, alla Camera. All’ordine del giorno il ddl stabilità ma i due leader si sono visti a quattr’occhi e hanno ipotizzato forme di intesa modello Sicilia sia per il Lazio sia per la Lombardia. Bersani ha comunque invitato Casini (che è poi salito al Quirinale) a non essere troppo «choosy» con Vendola, ossia lo «schizzinoso», adottando lo stesso aggettivo che il ministro Fornero ha usato con gli studenti.

SCALPITA

intanto Beppe Fioroni ricordando a Bersani che il Pd «non deve preoccuparsi dei diktat di Vendola» il quale, stoccata, «in Sicilia non arriva neanche al 3%». Marco Follini porta al segretario un argomento a cui è sensibile vista l’ascesa del movimento di Grillo, che un sondaggio Swg di ieri piazza al 22% su base nazionale. Insomma, ragiona Follini, «l’alleanza con l’Udc va disegnata prima del voto e non dopo». A mettere tutto insieme ci prova Massimo D’Alema convinto che moderati e Sel «non siano incompatibili» e che a rimarcare le differenze ci siano più ragioni di «propaganda» che di sostanza. Parole che fanno scattare l’allarme tra chi teme una riedizione del governo dell’Ulivo con relativo calvario di veti e controveti. Anche la società civile si muove. Il presidente delle Acli Andrea Olivero, firmatario del manifesto di Italia Futura, invita a «lavorare a livello nazionale» perché da sola l’alleanza Pd-Udc «non riesce ad avere la maggioranza per governare» e non va corso il rischio «di larghe intese tra forze non omogenee».
Veronica Passeri