Berlino, 16 novembre 2012 - Tutti a Berlino. Dall’Europa del sud per sfuggire alla disoccupazione i giovani cercano fortuna a casa di Frau Angela. Un’invasione, un esodo, come negli Anni Sessanta. Allora gli emigrati giungevano con la valigia di cartone, per lavorare alla catena di montaggio, alla VW o alla Mercedes, o per scendere nelle miniere della Ruhr. Oggi vengono giovani diplomati, dalla Spagna, dal Portogallo, dal nostro paese. Gli italiani nella capitale erano circa 12mila, fino a pochi anni fa (600mila in tutto il paese). Oggi sono 24mila, secondo quanto risulta alla nostra ambasciata. Per la polizia, sarebbero oltre 50mila. Non tutti, infatti, comunicano l’espatrio all’Aire, il registro degli italiani all’estero.

Berlino è oggi quello che era Parigi negli Anni Venti, o la Londra ruggente dei Beatles. Si trova un alloggio economico (ma i prezzi salgono), si mangia con poco, e neanche male. A tutti si offre una prima chance: fammi vedere quel che sai fare, poi magari si dice ‘nein, cambia mestiere’, con franchezza. Almeno non si perde tempo. I tedeschi sono ospitali, il grande, unico ostacolo, è la lingua. Sapere il tedesco è indispensabile, solo in alcuni settori molto specializzati si sopravvive con l’inglese.

Ieri le autorità hanno comunicato i dati per il primo semestre: da gennaio a giugno sono arrivati in tutto il paese in 501mila, 66mila in più rispetto allo stesso periodo del 2011, un aumento del 15 %. Già l´anno scorso, l´incremento aveva raggiunto il 20. La maggior parte proviene dall’Unione Europea: sono 306mila, il 24 % in più. I disoccupati fuggono dalla Grecia: a casa, non hanno speranze. Sono stati 15.700, un aumento del 78 %, dalla Spagna sono arrivati in 11mila (+ 53), arrivano anche dalla vicina Polonia, e dall’Ungheria. Per gli italiani il calcolo è meno preciso, per la nostra tendenza a evitare complicazioni burocratiche. Dovrebbero registrarsi dopo tre mesi, pochi lo fanno, in attesa di vedere come andrà a finire l’avventura.

La loro bibbia è il manuale di Simone Buttazzi e Gabriella di Cagno, «Tutti a Berlino- guida pratica per gli italiani in fuga» (Quodlibet Editore – 12 euro), appena pubblicato, che spiega quel che c’è da fare, e gli errori da evitare. «Bisogna armarsi di santa pazienza e di mostruosa disciplina», spiega Simone, giunto a Berlino da Bologna sei anni fa. Vive facendo il traduttore. Gabriella, barese, ha studiato e vissuto a lungo a Firenze, per fuggire in Prussia nel 2007. Ha trovato la sua strada come maklerin, agente immobiliare. Gli italiani più fortunati danno la caccia alle case, e contribuiscono al boom dei prezzi e degli affitti, complicando la vita ai connazionali con pochi soldi in tasca.

Berlino parla italiano, e ha un cuore azzurro, la Potsdamerplatz costruita dal genovese Renzo Piano. I ristoranti che battono il tricolore sono oltre mille, buoni, veri e finti, gestiti da arabi, da russi, persino dai tedeschi (che non sono i peggiori). In attesa di venire scoperto come pittore o pianista, si può finire in cucina, un cuoco guadagna bene, ma i prussiani non amano i dilettanti. Qualunque cosa si sappia fare, o si creda di saper fare, è meglio non contare sull’arte di arrangiarsi. L’economia tedesca non è in crisi, caso mai rallenta, ed ha bisogno di tecnici¸ gli ingegneri preferiti agli architetti, di medici, di meccanici. Per i letterati è dura, anche in riva alla Sprea.