IL CAIRO, 19 novembre 2012 - «PRIMAabbiamo bisogno che il fuoco cessi e poi possiamo discutere qualsiasi altra cosa. Metà Israele è sotto il fuoco, questo non può andare». Il premier Benjamin Netanyahu nel pomeriggio rivela che Israele apre alla possibilità di negoziato con Hamas, attraverso la mediazione egiziana. Forse raccoglie qualche segnale positivo trasmesso da fonti palestinesi: alti responsabili di Hamas hanno definito «positivi» i negoziati in corso mediati dal Cairo, precisando che le discussioni si stanno concentrando sulle garanzie da apportare per assicurare il rispetto del cessate il fuoco.

HAMASchiede che «l’aggressione e gli omicidi si fermino», dice un responsabile del movimento islamico a condizione di anonimato. Da parte di Israele c’è «una disponibilità concreta» al cessate il fuoco, «ma a fronte di garanzie precise di Hamas» sulla fine degli attacchi con razzi, spiega il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi. «La nostra sola condizione per una tregua è che tutti i gruppi terroristici che operano a Gaza cessino completamente il fuoco», conferma il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman, un vero ‘falco’, parlando al collega francese Laurent Fabius in visita a Gerusalemme.
Di invadere via terra la Striscia, a Gerusalemme non hanno gran voglia, ma sono pronti a farlo. Non lo desiderano i generali, perché combattere in aree ad alta densità di civili è sempre un disastro, non lo auspicano i politici perché, come avverte il ministro degli Esteri britannico, William Hague pur rinnovando il sostegno a Israele, «abbiamo detto ai nostri omologhi israeliani che un’invasione di terra a Gaza costerebbe a Israele molto dell’attuale sostegno internazionale». Ma Netanyahu afferma ugualmente che lo Stato ebraico è pronto ad «allargare significativamente l’offensiva» e che «i soldati sono pronti per qualsiasi tipo di attività che si dovesse richiedere». Alti dirigenti, citati in forma anonima da Ynet, il sito online del più diffuso quotidiano israeliano, sottolineano che «se c’è una via per completare gli obiettivi della missione senza azioni di terra», sarebbe «meglio» anche per Israele, ma che il Paese è pronto se necessario all’offensiva. E l’applicazione della vecchia massima: combattere come se non si stesse trattando, trattare come se non si stesse combattendo. Il capo di Stato Maggiore, generale Benny Gantz, ieri ha ordinato di intensificare gli attacchi contro gli obiettivi militari di Gaza.

DIETRO Netanyahu c’è tutto l’establishment del Paese, senza distinzioni politiche: «Non abbiamo nessun desiderio di conquistare la Striscia — dice il presidente israeliano Shimon Peres, già laburista, ormai distante dal governo di destra di Netanyahu — L’azione intrapresa da Israele non costituisce una escalation, si tratta di legittima difesa. Il nostro obiettivo è la pace, quello di Hamas è distruggere Israele».
Ieri sera l’inviato israeliano, che malgrado le smentite ufficiali del governo era nella capitale egiziana per partecipare alle trattative, è rientrato in patria con le condizioni poste da Hamas per il cessate il fuoco. Il leader di Hamas Khaled Meshaal ieri era al Cairo e ha incontrato il presidente egiziano Mohamed Morsi.
red. est.