Marco Sassano
ROMA
UN GIORGIO NAPOLITANO

severo e cupo saluta per l’ultima volta le alte autorità dello Stato con un lungo, amaro discorso in cui richiama i partiti — che sono stati «imperdonabilmente responsabili» di non aver modificato la legge elettorale — a non raccontare falsità in vista delle elezioni. Al tempo stesso annuncia che «mio malgrado, su di me ricadrà il compito di formare il nuovo governo» dopo le elezioni.
Dopo quello che polemicamente definisce per ben due volte «il brusco» annuncio delle dimissioni di Mario Monti, Napolitano rimarrà dunque al suo posto, al di là delle tante chiacchiere che si sono fatte sulle ipotetiche dimissioni anticipate, e gestirà il dopo elezioni.
È questa la vera novità del suo discorso. E tutte le forze politiche ne dovranno tenere conto, anche perché, sottolinea il Presidente, «sarà in base al risultato delle elezioni che poggeranno le valutazioni del Capo dello Stato». Un particolare apparentemente scontato, che però pare gravido di significato.
Dopo aver riconfermato che non accetterà una «rielezione» alla fine del settennato, come in molti hanno in questi mesi auspicato, il Presidente dichiara di porsi al fianco dei magistrati che combattono la mafia e la corruzione, respingendo così tutte le polemiche sulla sua controversia sulle intercettazioni non cancellate della Procura di Palermo, e ha lanciato il suo ‘grido di dolore’ per la mancata introduzione di «pene alternative alla detenzione in carcere» chiedendosi «con quale senso di responsabilità, di umanità e di civiltà costituzionale ci si può sottrarre a un serio, minimo sforzo per alleggerire la vergognosa realtà carceraria che marchia l’Italia».
Se il Capo dello Stato non pare essere d’accordo con il presidente del Consiglio per la sua «interruzione in extremis» della vita del governo dopo l’attacco del Pdl alla Camera, la sua critica non riguarda l’attività complessiva del governo Monti: «Questa conclusione — ha detto — non può oscurare la fecondità di questa esperienza».
E se «i giudizi sui risultati ottenuti in un campo o nell’altro possono legittimamente divergere», per Napolitano è necessario che «non si bruci», nel corso dell’imminente campagna elettorale, «il recupero di fiducia nell’Italia che si è manifestato nella comunità internazionale e negli stessi, pur poco trasparenti, mercati finanziari. Attenzione — grida il Presidente — in gioco è il Paese, è il nostro comune futuro e non solo un fascio di voti per questo o quel partito». E continua: se si continua a puntare a un «tatticismo esasperato, nessuno potrà fare a meno di darne conto ai cittadini-elettori e la politica nel suo insieme rischia di pagare un prezzo pesante a questa sordità».

NEL SUO SEVERO






richiamo il Presidente della Repubblica ricorda ai leader dei partiti che, nel corso del confronto elettorale, non «possono pensare di poter nascondere agli elettori tutto quel che è rimasto irrisolto nel corso dell’ultimo anno».
Per Napolitano bisogna rendersi conto che «paghiamo le conseguenze di orientamenti e comportamenti miopi o irresponsabili, trascinatisi nel passato troppo a lungo». Da ciò il monito finale: «Su ciascuna forza politica, nella campagna elettorale, incomberà il dovere della proposta e quindi l’onere di provarne la sostenibilità».