Iacopo Scaramuzzi
CITTÀ DEL VATICANO
ALLA FINE,

è arrivata la grazia. Benedetto XVI ha deciso la scarcerazione di Paolo Gabriele, il suo ex maggiordomo arrestato il 23 maggio per avergli rubato centinaia di carte riservate poi pubblicate da alcuni giornali italiani e da Gianluigi Nuzzi nel bestseller «Sua Santità». Gliel’ha comunicata personalmente, andandolo a trovare nella cella della gendarmeria vaticana in cui era rinchiuso da 117 giorni. Si è trattato — ha sottolineato la segreteria di Stato in una nota — «di un gesto paterno verso una persona con cui il Papa ha condiviso per alcuni anni una quotidiana familiarità». Dal 2006 Paolo Gabriele era una delle pochissime persone che aveva accesso diretto a Benedetto XVI. Lo aiutava a vestirsi alle sette di mattina, assisteva alla messa di inizio giornata, sbrigava gli affari correnti, accompagnava il Papa passo passo quando usciva, mangiava con lui. Ne conosceva abitudini e segreti. Aveva accesso ai suoi documenti top secret. Godeva della sua fiducia. E l’ha tradita. Spingendo il Vaticano su una crisi di nervi durata più di un anno.
Paolo Gabriele, 46 anni, è stato processato dal tribunale vaticano e condannato, lo scorso due ottobre, ad una pena mite di 18 mesi.

NEL CORSO


del dibattimento il «corvo» ha raccontato di avere agito nella convinzione di aiutare il Papa. Gli ha sottratto le carte, e le ha passate a Gianluigi Nuzzi, per provocare uno choc mediatico e aprire gli occhi a Benedetto XVI sulla corruzione e il carrierismo che a suo dire ammorbano il Vaticano. Ha sostenuto di avere agito da solo e di essere convinto che il Papa fosse «manipolabile», inconsapevole di questi problemi.

IL PROCESSO

non ha chiarito tutti i contorni di una vicenda che ha fatto comunque emergere lotte di potere e problemi di governance all’interno dello Stato pontificio. Ma Vatileaks — come è stata ribattezzata la fuga di documenti vaticani — ora è davvero conclusa. Il Papa ha blindato i suoi principali collaboratori, promuovendo a vescovo il segretario personale Georg Gaenswein e confermando al suo posto il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, principali bersagli dell’operazione assieme al Papa. E, ieri, lo ha graziato.

LA FOTO

dell’incontro, pubblicata sulla prima pagina dell’Osservatore Romano, rievoca quella di Giovanni Paolo II che andò a trovare Ali Agcà in carcere per perdonarlo dopo l’attentato in piazza San Pietro. L’ex maggiordomo del Papa «è stato scarcerato ed è rientrato a casa», dove potrà passare il Natale con la moglie e i tre figli. «Gioia senza fine per lui, ma problemi di Curia e potere permangono», ha commentato Nuzzi su Twitter. Un provvedimento di grazia è in arrivo anche per Claudio Sciarpelletti, tecnico informatico della segreteria di Stato condannato come complice di Paolo Gabriele.

PER QUANTO

mosso dal sentimento cristiano del perdono, il Vaticano ha deciso però di tenere Paolo Gabriele fuori dalla stanza dei bottoni. «Benché non possa riprendere il precedente lavoro e continuare a risiedere in Vaticano — ha scritto la segreteria di Stato —, la Santa Sede, confidando nella sincerità del ravvedimento manifestato, intende offrirgli la possibilità di riprendere con serenità la vita assieme alla sua famiglia». Probabilmente troverà un lavoro nell’ambito della Chiesa cattolica. Ma lontano dal Papa. E, magari, lontano da Roma.