Andrea Cangini

ROMA, 29 dicembre 2012 - INUTILE tergiversare, anche il capo dello Stato ha chiesto chiarezza: Mario Monti è dunque in campo, e chi ha partecipato ieri al vertice politico che ha preceduto la conferenza stampa dell’annuncio lo descrive come «pronto a tutto pur di massimizzare i consensi». Il Professore non sarà formalmente candidato, ma figurerà come «capo» della nascente coalizione centrista. Per ragioni di convenienza elettorale, al Senato si presenteranno con una lista unica «provvisoriamente denominata Agenda Monti per l’Italia» mentre alla Camera le liste saranno quasi sicuramente tre: la Lista civica di Montezemolo, Riccardi e Oliviero; l’Udc di Casini; il Fli di Fini. Fini, incerto di raggiungere il 4%, vorrebbe accorparsi a Casini, ma il leader dell’Udc resiste. Tutti faranno seguire al nome del partito (o lista che dir si voglia) un riferimento esplicito a Monti. O, come preferirebbe il Professore, alla sua «Agenda». L’accordo è che anche alla Camera si faccia un unico gruppo parlamentare. C’è poi il nodo dei transfughi di Pd e Pdl: quelli con evidente matrice politica verranno ‘nascosti’ nella lista del Senato, quelli con profilo più ‘tecnico’ saranno inseriti nella Lista civica alla Camera.
L’obiettivo, ha detto Monti, non è quello di «coprire una posizione di centro tra sinistra e destra», ma di «rompere i confini» degli attuali partiti per «avere un giorno una vocazione maggioritaria». Un sondaggio riservato li dà al 20%. Cosa ne faranno? Un’autorevole fonte dell’Udc assicura che «dopo le elezioni finiremo senz’altro per allearci con il Pd». Uno dei ministri presenti al vertice in fondo conferma: «Ci siamo dati un orizzonte moroteo, vogliamo costituire un centro contrapposto alla sinistra». Ma, all’occorrenza, capace di governare con essa. Questo significa «orizzonte moroteo». Più prudente Monti, che a domanda ha risposto, naturalmente in inglese, «attendiamo e vediamo».
Dal punto di vista semantico, il Professore non vuole però essere associato al passato: «La nostra non sarà una nuova Dc», ha detto durante il vertice. Che però si è svolto nel convento di Monteverde vecchio dove nel 1959 Rumor, Taviani e Colombo battezzarono la corrente dei dorotei. Si capisce allora perché Monti abbia chiesto ai convenuti di tacere il luogo dell’incontro. Il premier uscente intende infatti apparire un rivoluzionario, non un conservatore. Esclude dunque di «aver mai pensato di creare un partito» (parola oggi impopolare) e invoca «la politica dei fatti». «Non sono un uomo della Provvidenza», ha detto con implicito riferimento al Berlusconi «unto dal Signore». Fine strategico, ed elettoralmente esigibile, dell’operazione sarà affontare le due «emergenze» del momento: disoccupazione e crescita.
A dimostrazione della sua esigenza di distinguersi, Monti ha imposto a tutti la figura di Enrico Bondi: l’uomo delle cause impossibili. A lui spetterà il compito di valutare i conflitti di interessi dei candidati e la loro illibatezza giudiziaria. «Le liste saranno stilate con standard e criteri molto esigenti», ha detto il Professore. E l’ha detto dopo quattro ore di vertice a porte chiuse. Presenti Casini per l’Udc; Della Vedova per Fli; Andrea Romano, Carlo Calenda, Linda Lanzillotta, Nicola Rossi, Piero Ichino, Andrea Oliviero e Lorenzo Dellai per la costituenda Lista civica. Montezemolo era all’estero, e non intende candidarsi. Erano presenti invece i ministri Riccardi, Moavero e Passera, dei quali solo il terzo sarà in lista, e il sottosegretario Catricalà. Anche la Cancellieri vorrebbe candidarsi, ma ritiene giusto chiedere un via libera preventivo al capo dello Stato. Allo studio, e con fatica, l’indicazione di una «cabina di regia» politica. Quanto al programma, sarà aggiornato via Internet e, a maggior gloria della modernità, già lo definiscono «interattivo».