Andrea Cangini
ROMA
IL PAPA

che elogia Monti, il cardinal Bagnasco che sembra fiancheggiarlo, l’Osservatore Romano che inneggia al suo tentativo di «recuperare senso alto e nobile» alla politica. Eppure, secondo Rino Formica non ci sono ancora elementi per teorizzare la scesa in campo del Vaticano e la «mobilitazione totale» delle organizzazioni cattoliche. Secondo il ministro socialista che a lungo si è confrontato con la Dc e i suoi sponsor vaticani «decisivo sarà vedere i nomi in lista: se figureranno personalità di primo piano dell’associazionismo cattolico a 360 gradi vorrà dire che la Chiesa partecipa, in caso contrario si limita a benedire».

AD OGGI,

siamo alla benedizione. Raccontano infatti che, pur mancando meno di due mesi al voto, nulla è definito per le liste: l’obiettivo è mobilitare il maggior numero possibile di dirigenti locali degli Scout, delle Acli, dei Focolarini e via elencando, ma chi pure ci sta lavorando ammette che «non sarà facile». E se anche fosse, «non sono più i tempi in cui bastava candidare il presidente della Coldiretti per avere i voti di quasi tutti gli associati». Il fatto dunque che le mille sigle raggruppate nel Forum delle associazioni cattoliche coinvolgano 10 milioni di persone interessa gli statistici più dei politici. Nessuno si illude che dai pulpiti delle 26mila parrocchie italiane si inneggi domani a Monti come ieri si inneggiava a De Gasperi. Quei tempi sono finiti da un pezzo e i cattolici tendono a fare di testa propria. «Una mobilitazione in stile ’48 non ci sarà», taglia corto uno dei più noti esponenti cattolici della nascente Lista civica montiana. Tanto più che la vera, e forse unica, intelligenza politica vaticana, il cardinal Ruini, è ormai lontana dalle leve del potere e la caduta in disgrazia dei teocon del Pdl ne dimostra il fallimento. Non nascerà una nuova Dc, dunque. Anche perché solo il 9% dei cattolici più mobilitabili, quelli «impegnati» (che poi sono il 13% del totale), auspica la nascita di un partito che li rappresenti in quanto tali. Da un recente sondaggio dell’Ipsos risulta però anche che la maggioranza dei cattolici vorrebbe che Monti continuasse a governare con larghe intese in parlamento. Non ne possono più di risse e inconcludenza.
COSÌ
come i vertici vaticani, anche molti fedeli hanno infatti abbandonato Berlusconi (di cui ormai fiutano il declino e dunque l’inservibilità) e oscillano oggi tra astensionismo e Monti.
Sembra dunque che l’ambizione politica di molti leader delle associazioni cattoliche oggi schierate al centro non rispetti fedelmente l’orientamento dei propri iscritti. Di certo c’è che Cl, tradizionale serbatoio elettorale berlusconiano, per la prima volta è spaccata. Che il leader di Coldiretti, Sergio Marini, è dato in allontanamento dal Pdl. E che il presidente uscente di Confartigianato, Giorgio Guerrini, sarà candidato con i montiani. Lo sarà anche Andrea Olivero, presidente neodimissionario delle Acli, ma chi pure lavora assieme a lui per la Lista Monti assicura che «i due terzi degli associati continueranno comunque a votare a sinistra». Così come gli scout dell’Agesci, quelli dell’Azione cattolica, i volontari del Terzo settore... Quanto alla Cisl, nonostante l’endorsement montiano del segretario Bonanni, gli iscritti continueranno a votare come più gli pare.

IL 10 GENNAIO


il Forum delle associazioni cattoliche tornerà a riunirsi per decidere se e come impegnarsi in politica. Il capo di Confcooperative e quello del Movimento cristiano lavoratori, fiutato il vento che spinge i montiani verso il Pd, vorrebbero fare una lista cattolica autonoma. Difficilmente ne avranno la forza. Su tutti si staglia il realismo di una vecchia volpe ex democristiana: «Berlusconi è stato l’unico a capire che per avere i voti dei cattolici conviene rivolgersi direttamente a loro piuttosto che ai loro presunti rappresentanti».