Lorenzo Bianchi
PECHINO
GOOGLE

si piega al Partito Comunista Cinese. Fra il 5 e l’8 dicembre l’applicazione che informava gli internauti che avevano digitato una parola «proibita» è stata disattivata. Ed è svanito anche l’articolo che spiegava come usarla. «La rimozione di quel testo — spiega il sito GreatFire.org — può essere stata fatta solo con la precisa volontà di Google. L’unica spiegazione è una trattativa con l’esecutivo».

FINISCE

ingloriosamente un braccio di ferro cominciato nel 2006, l’anno del lancio della versione cinese di Google. Il Great Firewall, l’argine informatico delle autorità di Pechino, blocca le parole Tibet, Dalai Lama, Falung Gong, e le ricerche sui leader in carica (e anche su quelli caduti in disgrazia) o sui temi scottanti del momento. Google ha tentato di resistere. Nel 2010 è arrivata a spostare i suoi server a Hong Kong, l’ex colonia britannica ancora sottratta alle restrizioni imposte dal potere centrale. Il Partito comunista non si è dato per vinto. Il 9 novembre il motore di ricerca statunitense è stato bloccato per oltre 24 ore.
Nello stesso mese è stata rallentata e parzialmente fermata ‘g mail’, la grande favorita dei dissidenti per il dominio
http, per i due gradini di autenticazione e perché segnalava le attività sospette e gli attacchi di hacker di stato. Da tempo Google è inchiodata in Cina al 5 per cento del mercato. Proprio mentre piegava la testa, con la rimozione della app anti censura, si è diffusa la voce di un promettente accordo con Qihoo 360 Technology titolare di software di sicurezza e dell’omonimo motore di ricerca. E il presidente di Mountain View, Eric Schmidt, è andato in Corea del nord assieme all’ex governatore del New Mexico, Bill Richardson, in «viaggio umanitario privato».
Nonostante la defezione di Google, i dissidenti non demordono. A Guangzhou, nel Guangdong, centinaia di persone si sono unite ai giornalisti che chiedevano la testa del funzionario del partito Tuo Zhen, accusato di aver sostituito un editoriale del quotidiano «Fine settimana del sud» che sollecitava «profonde riforme». Il segretario della provincia è l’astro nascente del partito comunista Hu Chunhua.