Austin
«IMPOSSIBILE vincere sette Tour in fila senza doparsi». Messo con le spalle al muro dal dossier dellantidoping americana, Lance Armstrong confessa ciò che si sapeva: usava il doping. Niente di più, però: la prima parte dellintervista a Oprah Winfrey è unammissione calcolata, parziale, che come tale non soddisfa le organizzazioni del ciclismo. «Un piccolo passo», dice lUsada che ha incastrato il texano, «niente di nuovo», taglia corto il Cio, invitando lex campione a rendere una testimonianza giurata alle autorità sportive. Ecco il racconto di Armstrong.
IO E IL DOPING. «Mi sono dopato, altrimenti allepoca sarebbe stato impossibile vincere. Non ho inventato il doping, ma non lho fermato: su duecento corridori nel gruppo, forse erano in cinque o sei a non farlo. Usavo epo, ma non molta, trasfusioni di sangue e testosterone. Ma non mi sono mai dopato dopo il ritorno, nel 2009: quel ritorno è stato un errore, non lavessi fatto oggi tutto questo non sarebbe successo».
IO E IL PASSATO. «Ho iniziato a prendere cortisone ad inizio carriera, poi a metà anni Novanta è arrivata lepo. Le colpe sono mie, tutte mie. Il doping era diventato naturale, come mettere acqua nelle borracce. Controllo tutto nella mia vita, ma ho perso il controllo quando questa situazione è diventata più grande di me. Allora non avevo paura di essere preso, oggi non è più così: il passaporto biologico funziona e poi ci sono i test a sorpresa».
IO E PUBBLICO. «Sto cominciando a capire. Vedo la rabbia della gente, oggi ho finito di mentire. Passerò il resto della mia vita a scusarmi e a cercare di riconquistare la fiducia del pubblico».
IO E IL DOTTOR FERRARI. «E una brava persona, non tocca a lui ripulire il ciclismo. Ma non sono a mio agio quando devo parlare di altre persone».
IO E LE COPERTURE. «Non sono mai risultato positivo ai test antidoping perché non cera nulla nel mio metabolismo durante le gare. E la storia della mia presunta positività al Giro di Svizzera del 2001 non è vera. Non ci fu mai nessun vertice segreto e lUci, della quale non sono certo un sostenitore, non ha mai fatto sparire nulla. Mi hanno chiesto una donazione e io lho fatta, senza ricevere nulla in cambio».
IO E LUSADA. «Se fosse creata una commissione verità e riconciliazione, sarei il primo ad andarci. Ho sbagliato a combattere lUsada, potessi tornare indietro direi datemi tre giorni per avvertire la mia famiglia e i miei sponsor. Mi piacerebbe tornare indietro, ma non si può».
«IMPOSSIBILE vincere sette Tour in fila senza doparsi». Messo con le spalle al muro dal dossier dellantidoping americana, Lance Armstrong confessa ciò che si sapeva: usava il doping. Niente di più, però: la prima parte dellintervista a Oprah Winfrey è unammissione calcolata, parziale, che come tale non soddisfa le organizzazioni del ciclismo. «Un piccolo passo», dice lUsada che ha incastrato il texano, «niente di nuovo», taglia corto il Cio, invitando lex campione a rendere una testimonianza giurata alle autorità sportive. Ecco il racconto di Armstrong.
IO E IL DOPING. «Mi sono dopato, altrimenti allepoca sarebbe stato impossibile vincere. Non ho inventato il doping, ma non lho fermato: su duecento corridori nel gruppo, forse erano in cinque o sei a non farlo. Usavo epo, ma non molta, trasfusioni di sangue e testosterone. Ma non mi sono mai dopato dopo il ritorno, nel 2009: quel ritorno è stato un errore, non lavessi fatto oggi tutto questo non sarebbe successo».
IO E IL PASSATO. «Ho iniziato a prendere cortisone ad inizio carriera, poi a metà anni Novanta è arrivata lepo. Le colpe sono mie, tutte mie. Il doping era diventato naturale, come mettere acqua nelle borracce. Controllo tutto nella mia vita, ma ho perso il controllo quando questa situazione è diventata più grande di me. Allora non avevo paura di essere preso, oggi non è più così: il passaporto biologico funziona e poi ci sono i test a sorpresa».
IO E PUBBLICO. «Sto cominciando a capire. Vedo la rabbia della gente, oggi ho finito di mentire. Passerò il resto della mia vita a scusarmi e a cercare di riconquistare la fiducia del pubblico».
IO E IL DOTTOR FERRARI. «E una brava persona, non tocca a lui ripulire il ciclismo. Ma non sono a mio agio quando devo parlare di altre persone».
IO E LE COPERTURE. «Non sono mai risultato positivo ai test antidoping perché non cera nulla nel mio metabolismo durante le gare. E la storia della mia presunta positività al Giro di Svizzera del 2001 non è vera. Non ci fu mai nessun vertice segreto e lUci, della quale non sono certo un sostenitore, non ha mai fatto sparire nulla. Mi hanno chiesto una donazione e io lho fatta, senza ricevere nulla in cambio».
IO E LUSADA. «Se fosse creata una commissione verità e riconciliazione, sarei il primo ad andarci. Ho sbagliato a combattere lUsada, potessi tornare indietro direi datemi tre giorni per avvertire la mia famiglia e i miei sponsor. Mi piacerebbe tornare indietro, ma non si può».
© Riproduzione riservata