Lucca, 2 febbraio 2013 - LA LUNGA notte dell’allarme sismico in Garfagnana è un incubo a due facce. Quella della precipitosa e contagiosa allerta scattata intorno alle 22 di giovedì con la gente di 13 Comuni «invitata» a suon di megafoni, sms, telefonate, post su Facebook e tweet, a lasciare le case in fretta per mettersi al sicuro. E quella della complessa e articolata macchina della Protezione civile locale, che con le forze dell’ordine e i vigili del fuoco ha saputo rimboccarsi le maniche e fronteggiare l’emergenza, ricoverando ben 3.135 persone nei centri accoglienza allestiti a tempo record in campi di calcio, palestre, scuole e persino ristoranti. Anche sindaci, assessori e consiglieri comunali si sono prodigati portando coperte e bevande calde anche a chi ha preferito dormire in auto.

In pochi hanno chiuso occhio. Dopo ore con l’incubo di imminenti scosse, anche il risveglio è stato piuttosto brusco. In Garfagnana ieri mattina mancava persino il pane, dato che nessun forno ha lavorato, mentre c’è chi ha fatto incetta di benzina e gasolio nei distributori. Non si sa mai. Scuole chiuse e intere famiglie ieri a girovagare in strada per capire il da farsi. Molta gente arrabbiata per una notte di inutile angoscia e per i gravi disagi sopportati dagli anziani. Altri hanno avuto solo parole di ringraziamento per gli «angeli» della Protezione civile.

E non poteva mancare il paradosso farsesco all’italiana. Sul versante modenese, attraversato dal medesimo sciame sismico, infatti, l’altra notte non è scattato alcun allarme. Mentre la Toscana allontanava la gente dalle case, in Emilia Romagna hanno valutato diversamente lo stesso fax arrivato dalla Protezione civile di Roma. Sconcertato Gianni Fontana, sindaco di Frassinoro, paese a 4 chilometri dal confine toscano, vicino all’epicentro: «Tutto ciò non sarebbe successo — spiega — se ci fossero regole condivise. Qui i sindaci vengono abbandonati a loro stessi...».

ALLA FINE è mancato (per fortuna) solo il terremoto, che per unanime convinzione degli scienziati ancora non si può prevedere. Né si poteva forse prevedere che quel fax della Protezione civile rotolasse poi giù a valanga, inarrestabile, di Regione in Provincia e poi di sindaco in sindaco, trasformando una valutazione tecnica sullo sciame sismico in corso (già 276 scosse in sette giorni, di cui 240 strumentali) in un vero e proprio allarme rosso per la Garfagnana.

Un fax che ha incendiato una miscela esplosiva fatta di giorni di tensione e di attesa. La «sindrome aquilana» ha spinto poi tutti ad allertare tutti. Ma come dare torto ai sindaci? Cittadini infuriati però a Lucca, a 50 chilometri da Castelnuovo Garfagnana, dove il Comune tra mezzanotte e l’una ha bombardato con telefonate registrate di preallarme ben 16mila famiglie, svegliate di soprassalto senza che nessuno capisse cosa fare. Alla fine per chiarire il rebus del reale livello di allarme, a una settimana dalla scossa 4.8 del 25 gennaio, ieri è dovuto accorrere in Garfagnana il capo della Protezione civile Franco Gabrielli in persona. «La situazione si è evoluta in modo favorevole e inviteremo la popolazione a riprendere le ordinarie attività», ha detto al termine di una riunione con i sindaci della zona. Tutto chiarito, tutti a casa. Poi in serata altre tre piccole scosse. Lo sciame non è finito.

di Paolo Pacini