Piero Degli Antoni
MILANO
È LA POLITICA

bellezza. Il fascino discreto dello spot ha sedotto anche Mario Monti, uno che fino a poche settimane fa sembrava a suo agio davanti alla telecamera come un pinguino a Copacabana. Eppure la dura legge della comunicazione impone anche al più schivo rappresentante del governo di abbandonarsi ai grossolani tentacoli della tv.
Senza tralasciare nessuno dei più vieti luoghi comuni dei teleromanzi d’appendice: la famiglia, la spesa, il lavoro, l’industrioso adoperarsi nella fatica quotidiana, lo sdegnoso disprezzo delle auto blu e soprattutto, naturalmente, il futuro dei nostri figli. Poi vengono le promesse, non propriamente novità sconcertanti: taglio dei parlamentari e, ullallà, anche delle tasse.
Non manca un duplice rimbrotto nei confronti della «vecchia politica» e dei «vecchi politici», ed è un fulminante deja vu, perché se andate a ripescare un antico spot elettorale di Berlusconi del 1999 (YouTube, c’est plus facile) vedrete l’ex premier prendersela esattamente con «i vecchi partiti» che impediscono il compiersi di «un nuovo miracolo italiano».

FORTI ANALOGIE



corrono tra gli spot del Berlusconi di ieri e quelli del Monti di oggi: uno come l’altro ritratti in mezzo a gente dinamica ansiosa di rimboccarsi le maniche. È il cerchio della politica, il nuovo fa presto a diventare antico, le rottamazioni si susseguono a rotta di collo, in un’eterna giostra dove però si torna sempre al punto di partenza.
Purtroppo anche negli spot del pragmatico Monti aleggia un eccesso di retorica. Vederlo giocare sgangheratamente sdraiato sul pavimento insieme con i nipotini, per esempio, sembra una scena di 2001 Odissea nello spazio. Viene più facile immaginarlo mentre severo arringa i giovani discendenti: «Quanto fa tre per otto?», «Quale fiume bagna Firenze?», «Chi fu il primo re di Roma?». O ancora, vedendo i giovani Monti scambiarsi le figurine, pretendere una cedolare secca di due bustine ogni dieci. O invocare dai loro genitori un taglio lineare del 10 per cento della loro paghetta.
Alla fine dello spot un Monti sorridente, quasi ilare (e questo è un fenomeno su cui potrebbe indagare soltanto Roberto Giacobbo) si dirige verso un gruppo di adolescenti, nei cui occhi per un istante balena un lampo di terrore e i cui pensieri sono facili da decifrare: «Oddio, adesso questo come minimo mi chiede di spiegargli il moltiplicatore keynesiano».


Il regista dello spot non ha trascurato nulla: in totale sono dieci i frammenti in cui appare Monti. In cinque è sempre equipaggiato con la cravatta regolamentare, mentre in altri cinque appare — ed è quasi una visione mistica — senza. Niente male, per uno nato con la camicia.