Tommaso Strambi
SIENA
GLI SCACCHI

sono qualcosa di più di un gioco. Richiedono concentrazione. E strategia. Prima di ogni mossa è necessario prevedere quella che potrà fare, subito dopo, l’avversario. E Giuseppe Mussari, l’ex presidente di banca Mps e dell’Abi, è abile. Molto abile. Per anni ha indossato la toga del penalista. E sa come si affronta un interrogatorio. Certo questa volta non assiste, ma è assistito. E la partita è più complessa. Non per nulla al suo fianco ha voluto un principe del foro. Uno di quelli veri. Uno della vecchia guardia come Tullio Padovani, docente di diritto penale alla scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Coppola in testa e occhiali scuri, Padovani studia ogni dettaglio. Ogni mossa. Come quella di far passare il suo collega-cliente dall’ingresso principale del Tribunale. Anche se questo costringe Mussari a subire le contestazioni di un drappello di senesi arrabbiati. Qualcuno lancia delle monetine, come quelle scagliate contro Bettino Craxi all’uscita dell’hotel Raphael nel 1993. L’ex presidente Mps è tirato in volto, ma va avanti tra una selva di fotografi e cameramen. Entra nell’atrio del Tribunale e sale in ascensore. Da solo, con la Guardia di Finanza. Padovani resta indietro. Lui prende le scale. Poi aspetta. Consulta le carte e attende che i pm che coordinano l’inchiesta sulla passata gestione del Monte dei Paschi li facciano entrare nell’ufficio del procuratore capo, Tito Salerno.

LORO

, però, non hanno fretta. La convocazione è per le 12, Mussari arriva un quarto d’ora prima, ma aspetta più di 50 minuti seduto nelle poltrone davanti al corridoio della procura. Sono le 12.50 quando l’ex numero uno di Rocca Salimbeni viene fatto entrare. A differenza della settimana scorsa non esce subito. Non si avvale della facoltà di non rispondere. E i magistrati lo incalzano con le domande. A cominciare da quelle sul contratto segreto con Nomura ritrovato nella cassaforte dell’ex dg Antonio Vigni. Ad alcune Mussari risponde, su altre prende tempo. Vuole capire. Sa che prima di ogni mossa deve prevedere quelle che potrebbero fare subito dopo i pm. Alfieri e cavalli vengono mossi. Ma Re e Regina restano coperti. Così, a sorpresa, dopo solo tre ore la porta della Procura si riapre e Mussari scende. Ancora in ascensore. Padovani prende le scale. Come è andata? «Bene sono soddisfatto. Nella mia carriera ho fatto molti interrogatori. Questo è sicuramente da fascia alta». Più tardi in una nota congiunta con l’altro avvocato, Fabio Pisillo, dirà che «Mussari ha risposto a tutte le domande. Non ci saranno altri interrogatori». I magistrati, come sempre in questa inchiesta, scelgono la via del silenzio. Dalla durata dell’interrogatorio si capisce che a differenza di altri indagati non c’è stata molta collaborazione. Neanche pochi minuti e in Tribunale arriva Valentino Fanti, l’ex responsabile della segreteria di Mussari a Rocca Salimbeni (ruolo che riveste anche ora con Alessandro Profumo e Fabrizio Viola).

GIÀ ASCOLTATO

per sei ore nei giorni scorsi è stato convocato mentre era ancora in corso l’interrogatorio di Mussari. Perché? Quali novità ci sono? Cosa è successo nel frattempo? Fanti entra negli uffici dei magistrati alle 17 ed esce alle 19,30. Ancora una volta non si tira indietro. Collabora con i pm che vogliono cristallizzare le sue dichiarazioni. Una volta per tutte. Forse anche per evitare che possano essere inquinate da colloqui o letture di giornali. O dalla possibilità di incontro con qualcuno degli indagati. Come avrebbe fatto l’ex capo dell’area finanza Gianluca Baldassarri nei giorni scorsi, prima di essere fermato su disposizione dei pm per il pericolo di fuga. Le mosse sulla scacchiera sono tante. Così come i documenti raccolti dai magistrati in oltre 14 mesi di indagine. Adesso hanno raccolto anche tante dichiarazioni. Dalla durata di deposizioni e interrogatori si desume che in molti hanno collaborato. E che, forse, la mossa finale potrebbe essere vicina. Magari con la richiesta di un processo immediato, così come scritto negli avvisi a comparire.