Roma, 9 marzo 2013 - Ieri mattina, personalità avvedute del Pdl come del Pd usavano le stesse parole: «Ci sono forze potentissime che stanno facendo e faranno di tutto per impedire che l’Italia torni al voto». Nel pomeriggio, l’agenzia di rating Fitch ha declassato l’Italia a causa dell’instabilità politica dando così un’idea di cosa s’intenda per «forze potentissime». Ma il dibattito interno a Pd e Pdl si sta radicalizzando di ora in ora sì che oggi le elezioni a giugno appaiono l’ipotesi più probabile. Seguita da quello che nel Pd chiamano «governo civico», che però richiederebbe i voti grillini.

Andiamo con ordine e cominciamo dal Pdl. Premessa, Berlusconi è furibondo («i magistrati mi vogliono morto, siamo allo scontro finale», confidava ieri), ma combattivo: ritiene di poter vincere eventuali elezioni in giugno. Chi gli è vicino elenca 5 punti. Primo: «Monti è allo sbando e parte dei suoi elettori torneranno a noi».
Secondo: «Le nostre iniziative sul territorio sono più affollate oggi che in campagna elettorale, la rimonta ha dunque innescato un meccanismo virtuoso che ci porterà altri voti». Terzo: «Se si vota subito il Pd non farà in tempo a mettere in campo Renzi». Quarto: «L’opera di demolizione mediatica di Grillo è appena cominciata e, assieme all’evidente inutilizzabilità dei suoi consensi in Parlamento, spingerà molti elettori a non rivotarlo».
Decisivo, però, è quinto punto: «A giorni Berlusconi sarà condannato in appello nel processo Mediaset e tra settembre e ottobre la Cassazione confermerà la condanna. A quel punto, il Senato approverà la sua decadenza da senatore e per il Pdl, che sta assieme solo se Berlusconi è forte, sarà la fine». Val dunque la pena di tentare l’azzardo elettorale, nella speranza di avere la maggioranza almeno al Senato. Perciò Alfano dice: «Se il Pd è in grado di fare un governo lo faccia, altrimenti torniamo al voto».

Confidano che un’alternativa ci sarebbe: il Pd chiuda «un accordo complessivo», conceda la presidenza del Senato al Pdl e soprattutto concordi l’elezione di un capo dello Stato «che possa tutelarci dai magistrati». Prospettiva assai remota. I bersaniani sono infatti arroccati sulla linea dura. Fassina: «O riesce il tentativo di Bersani o si va al voto». E il Foglio ha calcolato che la maggioranza dei democratici concorda. Letta, Franceschini, Veltroni e Renzi sperano in un governo del presidente, ma nessuno sostiene più la possibilità di condividerlo col Pdl. Chi solo una settimana fa considerava velleitario l’appello di Bersani a Grillo, ora sempre ai voti grillini pensa. Walter Verini, braccio destro di Veltroni, la mette così: «Dovremmo evitare di mettere le dita negli occhi del Pdl, ma un accordo complessivo non è realistico. Si può invece immaginare che la presidenza del Senato venga data a un montiano e che il presidente della Repubblica metta in piedi un governo civico fatto da personalità stimabili che si impegni per un programma di riforma e moralizzazione della politica. Voglio vedere come farà Grillo a dire di no».

Tra i sostenitori di Bersani non tutti sono contrari. Si immagina che lo stesso segretario finirà per favorire il tentativo del Quirinale e che per evitare strappi si possa concordare col Pdl la riconferma di Napolitano. Ma siamo di nuovo al punto di partenza: ogni ipotesi alternativa alle elezioni passa per la prospettiva di un governo che ottenga la fiducia dei grillini. A meno che «forze potentissime»...

Andrea Cangini