«MI VOGLIONO far fare la fine di Craxi», dice Berlusconi parlando dei magistrati. «Ciascuno di noi farà la fine di milioni di persone che l’hanno preceduto», commenta serafico l’ex ministro craxiano Rino Formica.
In che senso, Formica?
«Nel senso che se domani dovessi morire annegato qualcuno potrebbe paragonarmi a un passeggero del Titanic o a un incursore della X Mas, ma non per questo le nostre storie sarebbero simili».
Ci tiene a rivendicare la diversità di Craxi?
«Non scherziamo, gli accidenti giudiziari di Berlusconi sono di ben altra natura: Craxi non ha mai corrotto uomini politici, né adottato rituali da bunga bunga».
Come Craxi, però, anche Berlusconi rischia di essere escluso dalla politica per via giudiziaria.





«Sì, certo, ma non essendo un berlusconiano guardo alla vicenda un po’ più dall’alto».
E cosa vede?
«Vedo che la lotta tra poteri giudiziario e politico non è più conciliabile. Decide la forza. Ma quando uno scontro tra poteri dello Stato è deciso dalla sola forza l’intero sistema ne resta sconvolto».
Infatti guardando all’Italia molti osservatori vedono gli estremi di una «crisi di sistema».



«E’ una crisi che ha radici antiche. Lei ha notato la ricorrenza?»
Quale ricorrenza?
«Il prossimo 16 marzo, giorno successivo all’insediamento del nuovo parlamento, saranno vent’anni esatti dal 16 marzo 1993, a sua volta anniversario del sequestro Moro. Quel giorno del ’93 nell’aula di Montecitorio i leghisti esibirono il cappio, i missini indossarono i guanti bianchi evocando Mani pulite e le televisioni di Berlusconi soffiarono sul fuoco...».
Morale?
«Beh, i moralizzatori di allora non mi pare che oggi se la passino un granché bene: la Lega è spappolata, Fini è fuori dal parlamento così come Di Pietro e Berlusconi finirà in una qualche Salò con i fedelissimi mentre i suoi elettori voteranno Grillo così come, dopo la caduta, le masse fasciste plaudivano i comizi del Cln. Ma non è questo che mi colpisce».
Cos’è che la colpisce?
«Il fatto che quella mattina di vent’anni fa in aula si discutevano mozioni di tutti i gruppi parlamentari indistintamente volte ad assecondare i magistrati respingendo il compromesso di Maccanico per una via d’uscita da Mani pulite e a strizzare l’occhio all’opinione pubblica sul tema della moralizzazione della vita politica. Ebbene: è quel che sta accadendo in questi giorni. Siamo ancora lì».
Cosa si aspetta che accada, stavolta?
«Niente di buono, poiché si persevera nell’errore: il moralismo giudiziario è una bestia che non si fa lisciare il pelo da un Bersani o da un Renzi. Sarà sazia solo quando avrà sbranato il sistema».
Grillo impersona la Bestia?
«I 9 milioni di voti grillini sono la conseguenza di una partita che l’intera classe politica italiana ha perso non a Roma ma a Bruxells, dove si balla una danza macabra attorno al fuoco dell’austerità senza rendersi conto che quel fuoco brucerà il bosco dove siamo tutti».
E’ possibile vincere la partita a Bruxelles?
«Condizione essenziale per sperare almeno di giocarla è giungere a una pacificazione tra poteri nazionali. In caso contrario non avremo alcun peso e il prossimo giugno gli italiani dovranno baciarsi i gomiti se l’Imu non sarà raddoppiata».