Bruno Ruggiero
ROMA
CONCORSO esterno in associazione mafiosa. Fino al 1992, lanno in cui cambiò tutto perché Cosa Nostra sferrò lattacco al cuore dello Stato dopo gli ergastoli inflitti ai boss al termine del primo storico maxiprocesso. Con questo limite cronologico la Corte dappello di Palermo, presieduta da Raimondo Lo Forti, ha condannato a 7 anni di carcere lex senatore del Pdl Marcello DellUtri, rimodulando la pena inflitta in primo grado (9 anni) per lo stesso reato e prendendo atto delle raccomandazioni con cui la Cassazione aveva rispedito nel capoluogo siciliano la sentenza di condanna (a 7 anni) già pronunciata il 29 giugno 2010, perché venisse motivata meglio.
«LA MIA condanna? È il mio romanzo criminale. Speravo in unaltra sentenza, ma accetto il verdetto», è stato il primo commento dellex parlamentare. Poi, prima di lasciare laula giudiziaria, ha allargato le braccia, sospirando: «Fiducia? E una parola grossa. Io continuo ad avere tranquillità. Ci sarà la Cassazione». Ma quando parlava così DellUtri ancora non sapeva delle clamorose indiscrezioni secondo cui il sostituto procuratore generale Luigi Patronaggio avrebbe sollecitato il suo arresto «per pericolo di fuga».
Lavvocato Giuseppe Di Peri, a nome del collegio difensivo, si è limitato a dire: «Non abbiamo notizia di questa richiesta di arresto. La Corte dovrà valutare se accoglierla e, nel caso, faremo ricorso».
Il Pg Patronaggio in precedenza aveva detto: «È stata riconosciuta la colpevolezza dellimputato per le accuse che gli sono state contestate fino al 92. Ci riteniamo soddisfatti e pensiamo che sia stata fatta giustizia». Invece lex manager di Publitalia 80, amico di Silvio Berlusconi ed entrato a Palazzo Madama già con Forza Italia, incassata lennesima condanna aveva detto la sua sullultima spiaggia della prescrizione, il colpo di spugna che scatterebbe qualora la Suprema Corte non riesaminasse entro lanno prossimo questo caso aperto dal 1994. «Se arrivasse, direi come Andreotti: sempre meglio di niente ha ironizzato DellUtri . È una possibilità, staremo a vedere. I calcoli li fanno gli avvocati e i giornalisti. Io attendo».
ABBOTTONATI i legali dellex senatore: «Delle sentenze si può parlare solamente dopo averne presa completa lettura». In attesa che la stessa Corte dappello si pronunci sulla richiesta di arresto presentata a tamburo battente dalla Procura generale, preannunciato comunque il nuovo ricorso in Cassazione contro la sentenza di condanna a 7 anni di reclusione.
Patronaggio, nella requisioria che ha preceduto la camera di consiglio e il verdetto, aveva detto che «Marcello DellUtri, permettendo a Cosa Nostra di agganciare Silvio Berlusconi, ha consentito alla mafia di rafforzarsi economicamente, di ampliare i suoi interessi, il suo raggio dazione, di tentare di condizionare scelte politiche governative in relazione al successivo ruolo assunto da Berlusconi». Ma lassoluzione ormai definitiva di DellUtri per il periodo successivo al 1992, taglia fuori questo scenario suggestivo.
ROMA
CONCORSO esterno in associazione mafiosa. Fino al 1992, lanno in cui cambiò tutto perché Cosa Nostra sferrò lattacco al cuore dello Stato dopo gli ergastoli inflitti ai boss al termine del primo storico maxiprocesso. Con questo limite cronologico la Corte dappello di Palermo, presieduta da Raimondo Lo Forti, ha condannato a 7 anni di carcere lex senatore del Pdl Marcello DellUtri, rimodulando la pena inflitta in primo grado (9 anni) per lo stesso reato e prendendo atto delle raccomandazioni con cui la Cassazione aveva rispedito nel capoluogo siciliano la sentenza di condanna (a 7 anni) già pronunciata il 29 giugno 2010, perché venisse motivata meglio.
«LA MIA condanna? È il mio romanzo criminale. Speravo in unaltra sentenza, ma accetto il verdetto», è stato il primo commento dellex parlamentare. Poi, prima di lasciare laula giudiziaria, ha allargato le braccia, sospirando: «Fiducia? E una parola grossa. Io continuo ad avere tranquillità. Ci sarà la Cassazione». Ma quando parlava così DellUtri ancora non sapeva delle clamorose indiscrezioni secondo cui il sostituto procuratore generale Luigi Patronaggio avrebbe sollecitato il suo arresto «per pericolo di fuga».
Lavvocato Giuseppe Di Peri, a nome del collegio difensivo, si è limitato a dire: «Non abbiamo notizia di questa richiesta di arresto. La Corte dovrà valutare se accoglierla e, nel caso, faremo ricorso».
Il Pg Patronaggio in precedenza aveva detto: «È stata riconosciuta la colpevolezza dellimputato per le accuse che gli sono state contestate fino al 92. Ci riteniamo soddisfatti e pensiamo che sia stata fatta giustizia». Invece lex manager di Publitalia 80, amico di Silvio Berlusconi ed entrato a Palazzo Madama già con Forza Italia, incassata lennesima condanna aveva detto la sua sullultima spiaggia della prescrizione, il colpo di spugna che scatterebbe qualora la Suprema Corte non riesaminasse entro lanno prossimo questo caso aperto dal 1994. «Se arrivasse, direi come Andreotti: sempre meglio di niente ha ironizzato DellUtri . È una possibilità, staremo a vedere. I calcoli li fanno gli avvocati e i giornalisti. Io attendo».
ABBOTTONATI i legali dellex senatore: «Delle sentenze si può parlare solamente dopo averne presa completa lettura». In attesa che la stessa Corte dappello si pronunci sulla richiesta di arresto presentata a tamburo battente dalla Procura generale, preannunciato comunque il nuovo ricorso in Cassazione contro la sentenza di condanna a 7 anni di reclusione.
Patronaggio, nella requisioria che ha preceduto la camera di consiglio e il verdetto, aveva detto che «Marcello DellUtri, permettendo a Cosa Nostra di agganciare Silvio Berlusconi, ha consentito alla mafia di rafforzarsi economicamente, di ampliare i suoi interessi, il suo raggio dazione, di tentare di condizionare scelte politiche governative in relazione al successivo ruolo assunto da Berlusconi». Ma lassoluzione ormai definitiva di DellUtri per il periodo successivo al 1992, taglia fuori questo scenario suggestivo.
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